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Szczesny e Cuadrado, sfumature da Supercoppa e sorrisi di Pirlo

2-0. E non sono i gol. La Supercoppa Italiana 2020/2021 si tinge di bianconero ma a ben guardare assume diverse sfumature: quella che forse passerà più inosservata – pur essendo la più decisiva – porta un nome contorto e viene dall’est. Szczesny. La Juve smarrita dopo la sveglia di San Siro doveva ripartire dalle fondamenta, sapere di avere le spalle coperte.

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Ecco, le ha: due interventi decisivi, due riflessi in due momenti chiave della gara ed entrambi su Lozano.

Poco prima della mezz’ora il primo su colpo di testa del messicano, quando ancora la partita cercava un padrone. E generalmente, se la partita è bloccata come lo è stata questa, chi segna per primo si porta decisamente avanti. Il secondo in un momento catartico: l’l’ultimo minuto di recupero, un riflesso col piede opposto dopo un tiro – ancora di Lozano – deviato da Chiellini. 

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Cambia la traiettoria all’improvviso, non l’esito: proprio come i compagni semplificano il suo nome chiamandolo “Tek”, Szczesny semplifica quello che appare maledettamente complicato e si fa trovare pronto. In mezzo, un rigore non parato: era stato spiazzato, ma è lui a stregare la porta, lui a mettere la firma sul primo trofeo da allenatore di Andrea Pirlo.

Ma cosa è, Tek, per la Juventus? In campo, uno dei primi tre portieri della Serie A. Un’eredità pesante “dosata”, dopo un anno di apprendistato. Il dopo-Buffon, alla Juventus, in pratica non si è sentito, non è stato un problema. “Tek”, ancora una volta, l’ha semplificato.

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E anche con il ritorno dello storico numero 1 le cose non sono cambiate. Szczesny sa quando c’è da lasciare spazio al portiere di cui è stato l’estensione, anche se questo – ad esempio – può costargli una serata di gloria al Camp Nou. La fase difensiva della Juventus – meno solida rispetto agli standard degli anni dei trionfi con Conte e Allegri – forse mai come in questo momento ha bisogno di sicurezza: Wojciech da Varsavia ha ancora una volta dimostrato di sapergliela dare.


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Da Varsavia a Necoclí: altre latidudini, la freddezza glaciale tra i pali che diventa una danza senza sosta sulla fascia. L’altra sfumatura della Supercoppa conquistata dalla Juventus parla colombiano e riflette il sorriso di Juan Cuadrado, decisivo al rientro. Al mattino la conferma della negatività ritrovata, Covid alle spalle e convocazione lampo: per lui, Pirlo cambia anche la formazione. E dimostrerà di avere ragione. Cuadrado si riprende il posto da equilibratore a destra, ago della bilancia di quello schieramento ibrido che ha caratterizzato la Juventus 2020/2021. Si riprende il suo posto e… corre. Reattivo, concentrato, presente.

“Non ci aspettavamo durasse così tanto, ha sorpreso anche noi”, dice l’allenatore al termine della gara. Cuadrado, da asintomatico, ha continuato ad allenarsi e contro il Napoli si è visto. Assenza presente contro l’Inter, presenza determinante al Mapei Stadium. Cuadrado è come il colpevole del giallo che non ti aspetti e di cui – soltanto col senno di poi – cogli l’importanza. 


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I “meltdown” stagionali della Juve, in effetti, coincidono con la sua assenza: l’espulsione contro la Fiorentina e il primo tracollo, l’inconsistenza contro l’Inter imputabile in parte anche al brio che non ha potuto garantire. Quando si pensa a lui viene subito in mente la parola “Jolly”, ruolo che spetta a quelli che fanno un po’ tutto in campo. In parte è vero, Cuadrado difende e si propone, arriva sul fondo e si inserisce. Ma soprattutto, accende la luce. In una serata risparmiata dalla nebbia ma comunque grigia emotivamente parlando – nei 90’ – la spunta la Juve grazie a due calciatori che forse erroneamente vengono dati per scontati. Due dai quali Pirlo, per ripartire verso altri trofei, non può assolutamente prescindere.