Non serve perdere tempo per raccontare la carriera da calciatore di Andriy Shevchenko. Non serve perdere tempo neanche per raccontare la sua vita politica, semplicemente perché è durata poco: nel 2012, dopo aver lasciato il calcio, provò a diventare parlamentare, sempre mosso dall’amore per il suo paese: “Da calciatore credo di aver fatto molto per l’Ucraina. Ora vorrei continuare a farlo da politico”. Pagherà di tasca sua la campagna elettorale ma non riscuoterà il successo sperato. Da quel momento ha deciso che il suo futuro era ancora nel calcio, da allenatore. E dopo cinque anni da ct dell’Ucraina, oggi Andriy Shevchenko torna in Serie A: il Genoa ha scelto lui per prendere il posto di Ballardini.
E se del calciatore e del politico si è detto quanto sia inutile soffermarsi, del Shevchenko allenatore ci sono cose più interessanti da raccontare. A partire dai suoi maestri: da Zaccheroni ad Ancelotti, da Mourinho a Lobanovskyi, l’allenatore della Dynamo Kiev che lo lanciò nel mondo dei grandi, nonché un rivoluzionario che faceva del calcio spettacolo una delle sue innovazioni per i suoi tempi: “Un maestro per me”, ha raccontato più volte Andriy.
Beh, che scuola. Lo Sheva allenatore può quindi essere considerato un mix degli allenatori che ha avuto: prova a far giocare la sua squadra in maniera spavalda ma attenta, offensiva ma ordinata, spettacolare e cinica a seconda delle circostanze. Lo ha confermato più volte: “Voglio un calcio propositivo, ma deve esserci equilibrio. Bisogna sapere quando è il momento giusto per attaccare e quando difendere, quando pressare e quando aspettare”. Un po’ Lobanovskyi, un po’ Mou. Un po’ Zac, un po’ Carletto, l’uomo da cui ha imparato tanto anche sotto l’aspetto della gestione di gruppo e spogliatoio.
Da insegnanti come questi non si può che trarre il meglio. A partire da modestia e serietà. Estate 2012: Sheva ha appena chiuso la sua carriera dopo gli europei del 2012 e la federazione ucraina gli offre subito le chiavi da ct. Lui però rifiuta: “Troppo presto, sarebbe una scelta affrettata. Spero che la federazione capisca”. Capirà eccome. E sarà molto più serena quando Shevchenko quella panchina se la prenderà, con convinzione, il 15 luglio 2016. Da allenatore pronto. E infatti quella nazionale crescerà, tanto da arrivare ai quarti di Euro 2020, dove il percorso si è chiuso dopo 62 match e una media punti di 1,69 a partita (con un bilancio complessivo che dice: 25 vittorie, 13 pareggi, 14 sconfitte, 71 gol fatti e 62 subiti).
Sheva è partito con l’idea di una difesa a quattro, ma nell’ultimo periodo ha avuto il coraggio di cambiare e provare, con successo, anche lo schieramento a tre, che gli ha consentito di fare un bel percorso a Euro 2020. Il suo modulo preferito, o almeno quello più utilizzato, resta comunque il 4-3-3. Con un Genoa abituato negli ultimi anni a scendere spesso in campo con il 3-5-2, ci sono buone probabilità che Sheva possa nel caso continuare con questa linea che, come detto, ha già sperimentato e provato. Nel caso in cui invece volesse rivoluzionare il Grifone con il suo 4-3-3, l’undici ipotetico potrebbe essere questo: Sirigu in porta, capitan Criscito, Vasquez, Masiello (Maksimovic quando rientra dall’infortunio) e Cambiaso in difesa; Rovella, Badelj, Hernani (o Melegoni) a centrocampo ed Ekuban, Destro e Pandev in attacco.
“L’Italia per me è una seconda casa”, aveva detto in estate. “Dopo cinque anni come ct mi piacerebbe allenare un club”. Oggi la grande occasione. Per chi nutrisse dubbi c’è già un motivo per schiarirli: Sheva si sente pronto. Altrimenti avrebbe detto ‘no’. come già ha fatto una volta. Poco ma sicuro.
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