'Vincere, ma non solo'. Javier Zanetti presenza il suo libro in una chiacchierata alla Luiss, nell'Aula 200 di Viale Romania, in cui l'ex capitano nerazzurro ha raccontato tanti aneddoti dal passato, tra campo e vita privata, ma anche pensieri del presente. Il moderatore dell'evento è stato Gianni Riotta, direttore della scuola di giornalismo della Luiss, che scrisse proprio con Zanetti il suo primo libro nel 2013, “Giocare da uomo”, prima del ritiro.
Questi i principali argomenti affrontati da Zanetti:
L'aneddoto sul matrimonio.
Mi allenai nel giorno del mio matrimonio, per qualcuno è una pazzia ma non lo è. Mi sono sposato il 23 dicembre, avevamo una settimana di vacanza prima che iniziasse il campionato, mi portavo una tabella da seguire. Prima mi sono sposato, poi tra il primo e il secondo mi sono alzato e ho detto a tutti gli invitati “ragazzi, scusate. Mi devo allenare”. Mia moglie mi ha detto di andare.
A casa Zanetti, in Argentina, ci sono due maglie appese al muro: una è quella di Javier e l’altra è quella di suo fratello Sergio, che ha avuto una carriera minore e ha allenato anche in Italia (l’ultima esperienza al Lecco nel 2015). Perché?
Non c’è nessuna differenza tra me e mio fratello, mio padre faceva il muratore, mia madre ha fatto tanti sacrifici. Cerco di trasmettere ai miei figli quei valori, questa è la strada da seguire per tutti i giovani. Quando feci il mio primo contratto tornai a casa e dissi ai miei genitori: “Adesso smettete di lavorare e accompagnatemi.
Un giovane interessante da tenere d'occhio?
Almendra mi piace molto. Gioca a centrocampo (classe 2000 del Boca).
Sul presente e futuro dell'Inter.
Ci sono i presupposti per poter fare un grandissimo lavoro con questa società. Siamo sulla buona strada. Ho tutto da imparare, l’Inter richiede una grandissima responsabilità. Oggi abbiamo una proprietà straniera, è fondamentale poter trasmettere i valori di questo club. Lo sport è una scuola di vita.
Su disordini in occasione di Inter-Napoli e Boca-River.
Nel 2019 succedono ancora queste cose. Noi come società abbiamo fatto una campagna, molto forte, per dare un messaggio chiaro. Abbiamo questi valori. Ciò che è accaduto a Buenos Aires mi rattrista, siamo andati sui giornali per altri episodi e non per il calcio. Sono argentino e mi fa male. In questo momento la situazione è difficile, lo vedo, la cosa più grave è che non vediamo la luce. Da quando sono nato non ho mai visto un governo che dica di investire sui giovani, educazione e cultura. Stiamo attraversando un momento duro e lo ripeto, non vediamo la luce.