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Data: 04/06/2017 -

Vive solo per il gol, è meno 7, quasi un CR9: l’anatomia del nuovo Cristiano Ronaldo

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Fa malissimo. Non perdona. Lui c'è sempre, El Bicho. Perché in Spagna si sono abituati a chiamarlo così: un piccolo insetto, un animaletto spietato nel pungere. Ah, presentiamolo come vuole lui: CR7. Sempre il solito Cristiano, insomma. O forse no. Più attaccante e meno sette, sì: ancora più forte. A suon di gol e record infranti. Divertendo meno, magari, ma incidendo di più. E lo sa bene la Juventus, l'ultima vittima: la più desiderata e allo stesso tempo la più difficile. Perché non c'è BBC che tenga, nessun Pallone d'Oro da mettere in dubbio, poche storie: comanda Ronaldo, sempre.

Evoluzione

Perché questa è la sua Champions League. La più bella della sua carriera. E partiamo dalla fine, risultato? Ronaldo a terra, inginocchiato a piangere. Stracolmo di gioia ed emozione, gli ingredienti che da sempre lo accompagnano nei suoi sogni. Un percorso infinito cominciato proprio al Millennium Stadium di Cardiff, nel 2004, quando vinse il suo primo trofeo con il Manchester United: era una FA Cup, 13 anni dopo invece Cristiano alza al cielo la sua quarta Champions. Storia. Con talento, testa e gambe. Quei quadricipiti scolpiti e postati su Instagram, frutto di una dedizione totale. Un animale vero. Divertendosi, forse praticando un altro sport: chissà. Sfortunatissimi Bayern Monaco, Atletico Madrid e Juventus a trovarselo di fronte. Ok, ma come lo si ferma? Mistero, già. Magari sgomma meno sull'esterno, ma quando s'inserisce nessuno lo prende. Buca senza pietà. Tripletta di qui, assist di là. Fino alla doppietta di Cardiff, facciamo i conti dai: 16 firme nelle ultime 10 presenze tra campionato e Champions, 8 nei 5 match giocati a maggio. Giusto pochino, eh. Poi? Allacciamo le cinture, qualche dato: con l’ultima meravigliosa doppietta, CR7 autografa 600 firme in carriera. 529 con i suoi club, 71 in Nazionale. Il suo Portogallo, quello del miracolo di quest’estate all’Europeo. Nel segno della sua patologica frenesia di conquistare tutto. Con ansia. Scalpitando, arrivando prima di tutti al centro di Valdebebas, facendo una quantità infinita di addominali al giorno e stupendo il mondo come se non ci fosse un domani. E nell’ultima stagione la sua essenza si è amplificata al massimo: innervosendosi da matti per il gol, ma accettando pure la panchina. Già, invecchiando si migliora. Perché Zidane lo ha gestito da Dio. Il dosaggio è stata la scelta più giusta. Quasi centellinandolo. Facendogli raggiungere così il massimo della perfezione: correndo meno ma aiutando di più i compagni. Sacrificandosi. Trasformandosi in uomo d’area e reinventandosi a 32 anni. Sì, Cristiano Ronaldo ha trentadue anni. Senza una ruga, col solito ciuffo inzuppato di gel e gli stessi muscoli ipertrofici.

CR7 è una metafora di vita. Genera impulsi, illumina. Scatena la passione nei bambini, la voglia nelle donne e la paura negli avversari. A volte irrita, provoca rabbia e fastidio. Innervosisce perché c’è sempre: s’inserisce, attacca gli spazi come se fosse invisibile. Brucia. E lo sa bene la Juve, incredula davanti allo strapotere di questo fenomeno. Cristiano Ronaldo è diventato il primo giocatore capace di andare a segno in tre diverse finali di UEFA Champions League grazie al’ultima doppietta. Con 104 reti totali in questo torneo. 12 quelle dell’ultima edizione, scavalcando Messi fermo a 11.

Filosofia

Perché mai nessuno come noi, siamo unici”. Vero, per carità. Ma CR7, tu, sei ancora di più. Un atleta perfetto: tutto ciò che un calciatore dovrebbe essere. Ma che non può, alla fine. Filosofia e religione. Un modello: in campo con i suoi numeri, in passerella con i boxer e gli addominali scolpiti. Ipotecando con largo anticipo il quinto Pallone d’Oro, abbattendo una montagna sacra come Buffon: un gigante incredulo davanti alla velocità del portoghese. Un’ 'Abelinha', un’apina, così lo chiamavano da piccolo: perché il primo Ronaldo dello Sporting era quasi un libertino. Volava per il campo. Troppo esotico, quasi arrogante. Con i denti storti e meno bello. Oggi invece è il Bicho: non solo roba elegante, dicendo basta a quel vivere al centro del mondo, semplicemente uomo squadra. Leader. Inchiodando il tempo a suo piacimento: rimanendo fenomeno anche a 32 anni. Suscitando un plebiscito nell’ultima stagione: sì, questo è l’anno di Ronaldo. Undecima, Europei, Pallone d’Oro, tripletta nel Mondiale per Club, Liga e dodicesima Champions. Due di fila. Storia, sua e del Real. Fame, ambizione, ansia: più attaccante, meno 7. Semplicemente Cristiano.



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