Dieci passi, forse. Prima telefonata. Altri dieci, primo saluto a cui rispondere. Dieci passi ancora, conversazione impiattata. Cercare di parlare con Daniele Faggiano è quasi impossibile. Il direttore sportivo del Trapani Calcio, semplicemente “direttò” per i trapanesi, ormai è un familiare. Da subito. Tre anni e mezzo fa, l'inizio della sua storia con il Trapani: "Avevo scommesso con il Presidente Morace che avrei portato la squadra in serie B. Ci siamo compattati, abbiamo fatto gruppo, anche quando non ci credeva nessuno”.
Scommessa vinta. Da quel momento il direttò ha lavorato, ha fatto quello che sa fare meglio: scovare talenti, e a poco prezzo...quello che può permettersi il Trapani, che non fa mai un passo più lungo della gamba. Falco, Caldara, Citro, Petkovic, solo alcuni dei nomi venuti fuori proprio qui, e proprio grazie al suo intuito. Serie D, Primavera, categorie minori, tutto diventa pozzo da cui pescare Calciatori, con la “C” maiuscola. Poi adesso, con l'esplosione di Petkovic, il suo talento (quello di Faggiano eh), è ancora più in mostra. “E' stata una trattativa complicata. Era la nostra prima scelta, ma l'Entella ha aspettato che Di Carmine decidesse di venir via dal Perugia e così siamo riusciti a portare Bruno in granata”. Un ragazzo che aveva attirato già da tempo le sue attenzioni: “E' sfrontato, non ha paura di niente e di nessuno. Bisogna ovviamente saperlo gestire”.
Ed inevitabilmente si passa alla questione riscatto prima dello squillo del telefono e dell'offerta di un caffè: “La nostra intenzione è quella di riscattarlo, insieme a Coronado. Nessuna squadra finora si è fatta avanti, e per quel che ci riguarda ce lo teniamo volentieri”. Per l'ennesima interruzione, il protagonista è un vigile. Attende il momento impaziente, vuole far vedere al direttore un video in cui ironicamente si parla della delusione per la vittoria con il Cesena. Faggiano, ride di gusto, e quando nel video si fa riferimento ai potenziali punti del Trapani da qui a fine stagione (77), scatta la scaramanzia. Grandi pacche sulle spalle, grandi sorrisi e foto da fare, proprio come succede ai suoi ragazzi. E' felice e pensieroso, lo sguardo di chi sa che tutto può succedere ma che solo il lavoro paga, fino alla fine.
Nessun rimpianto per lui...forse uno: “Caputo, non sono riuscito a portarlo in granata. E' un giocatore con cui ho lavorato bene, ma nel lavoro non ci sono amicizie, sarebbe servito alla nostra causa, ma era troppo costoso”. Quando si parla di “Trapani dei miracoli” s'infastidisce: “Non dirò quanto è costata la squadra, ma gli addetti ai lavori sanno che abbiamo ottenuto il massimo rendimento. I miracoli solo Gesù Cristo. Io ed il mister abbiamo costruito una squadra per la salvezza, ma non ci eravamo preclusi nulla”. Ha la testa alla partita contro il Novara e lo dice chiaramente: “Altri, al posto mio e di Cosmi, starebbero già parlando di contratti e di rinnovi, noi pensiamo solo alla prossima avversaria”. Quindi il suo futuro è ancora da definire, ma non c'è fretta, basta solo non farlo arrabbiare. “Alcuni giornali a gennaio avevano parlato di un contatto tra me e lo Spezia, nulla di vero, pensavo solo al mercato del Tapani”.
Vuole lavorare sereno il direttore, e la città lo permette. Godersi il momento ma con equilibrio. Non stacca mai, neanche a casa. “E' colpa di quella fiammella che ti rende vivo e che ti stimola a fare sempre meglio, il calcio è così”. Si, il calcio è così: trattive, telefonate infinite, aerei, gestione dei momenti, capacità di incassare, incapacità a godersi appieno le gioie. Chissà se si ricorda che a Cremona, il giorno della promozione,,per gioire sul serio, lontano da tutti, baciò di nascosto la maglia con la B granata. Magari farà ancora così il direttore: gioirà da solo, tra magagne da risolvere, una telefonata e un'altra, un caffè, una foto. Altri dieci passi verso un sogno.