Un solo gol, il più importante. Probabilmente anche il più bello. Valerio Verre è il protagonista della promozione del Pescara in Serie A. Sguardo all’orizzonte, poi fisso sul pallone. Infine il destro imprendibile, la parabola improvvisa che beffa Nicolas e regala alla sua squadra il pareggio che sa di promozione contro il Trapani. Da quasi quaranta metri. Spesso sono i dettagli a fare la differenza. E le circostanze. D’un tratto, dopo una stagione ad alti livelli, il centrocampista romano, classe ’94, è diventato oggetto del desiderio di diversi club, convinti di voler puntare su di lui ad occhi chiusi. L’Udinese, proprietaria del suo cartellino, valuta ogni potenziale offerta senza ancora pronunciarsi. Su Verre è forte l’interesse di Empoli, Sampdoria, Fiorentina e, soprattutto, Pescara, la squadra con la quale ha conquistato la Serie A (in prestito) convincendo tutti.
La storia di Verre è comune a molti calciatori di qualità: ieri trequartisti ed oggi registi, centrocampisti centrali bravi in fase di costruzione ma anche utili in ripiegamento. L’età è dalla sua parte (22 anni compiuti a gennaio) ed è l’incentivo a credere nei suoi progressi, nella sua voglia di continuare a crescere e a migliorare, limando quei difetti che ne stanno accompagnando la carriera. Con quel gol nel ritorno della finale play-off, Verre ha fatto parlar di sé per giorni nonostante avesse brillato ben prima, pur senza segnare, orchestrando il gioco in mediana, cucendo a suon di assist il traguardo della promozione.
Roma è stata la sua prima dimora calcistica ma anche il rimpianto per non aver convinto del tutto la dirigenza. A 17 anni l’esordio in prima squadra (subentrò al “compagno” Caprari con Luis Enrique in panchina), poi un lungo viaggio di comproprietà, prestiti, esperienze fugaci: da Genoa a Perugia, passando per Palermo, Siena, Udinese. Nelle ultime tre stagioni è riuscito ad imporsi in Serie B, ora è pronto per il salto di categoria, per quella Serie A conosciuta a soli 18 anni a Siena e poi dimenticata in fretta, sacrificata a favore della classica legge morale (“farsi le ossa”) che anche stavolta ha contribuito alla nascita di un nuovo talento italiano.
Di Fabio Tarantino