“Ha segnato... il Puma!”. Emerson? Nostalgia giallorossa. Ma non è lui. “Ivan Varone”, realtà granata: “Un giorno un mio vecchio allenatore cominciò a chiamarmi così e ormai lo sa anche lo speaker del Mapei Stadium”, che a urlare il nome del centrocampista classe ’92, si sta cominciando ad abituare. Dati alla mano: 16 presenze stagionali, 7 gol e 3 assist. Numeri da centravanti, che stanno trascinando la rinata Reggiana ai vertici della Serie C. Ma c'è un segreto, Ivan ce lo svela. “E' tutto dentro qui” e ci indica la testa. “Ho iniziato a lavorare con un mental coach”. Da Bonucci a Mertens, una carta sempre più giocata. “Si chiama Eugenio: dico la verità, all’inizio non ci credevo molto”, ammette Varone. “Invece ora mi sto trovando molto bene e sento che questo percorso sta facendo la differenza”.
Dalla testa ai piedi, il passo è davvero breve. Varone, in esclusiva per GianlucaDiMarzio.com, ci spiega come ci siano anche altri fattori da considerare quando si parla del suo 'exploit'. “Merito di mister Alvini. Sto giocando da mediano in un centrocampo a due come a Carrara, ma ora riesco a sfruttare a pieno tutta la mia pericolosità in zona gol, che è sempre un bel biglietto da visita. Sono fortunato: nell’ultimo anno ho trovato due grandi allenatori e due grandi uomini che mi hanno fatto maturare tantissimo”.
Tutto sta girando nel verso giusto. “Ora sono pure vicino a casa mia, a Bologna: sono carichissimo, quando gioco qui ho tutta la famiglia che mi viene a vedere”. Anche chi purtroppo non c’è più: “Ogni gol che segno lo dedico alla mia mamma che sta lassù: a volte mi capita di sentirla lottare in campo insieme a me. Ha fatto tanto per garantirci un futuro migliore”. I Varone sono di Napoli, ma ormai da 17 anni hanno scelto la città dei portici. “Giù torno sempre volentieri, Napoli rimane nel cuore”, ricorda Ivan, che è rimasto tifoso azzurro. “Ma è una realtà difficile, anche dal punto di vista lavorativo”.
La Via Emilia, invece…“Il momento più bello? La vittoria nel derby sul Modena”, 0-1, lo scorso 27 ottobre. “Qui ci tengono tantissimo, è stato il simbolo del nostro percorso netto”. 32 punti in 17 giornate e quarto posto in classifica. “Ora ci siamo fatti conoscere in tutto il girone: voglio aiutare la Reggiana a salire in Serie B. Ci sono tante avversarie attrezzate, ma questa gente e questo grande gruppo se lo meritano”. Le vittorie nascono innanzitutto fuori dal campo. “Ho scoperto dei ragazzi splendidi, che mi hanno sorpreso per la loro forza”, spiega Varone. “Dal nostro capitano Spanò a Rossi, che gioca al mio fianco e ci troviamo a memoria. Poi mi piace stare in mezzo alla gente: girare un po’ per Reggio, ascoltare i commenti dei tifosi. E che soddisfazione, quando ti ringraziano”.
Per ora, ancora niente partite a scopone: con Caccavallo a Carrara erano diventate un must. “Vero, ma il richiamo di casa qui è forte e quindi continuo a giocare soprattutto con la mia compagna. E a rosicare, perché la prendiamo entrambi molto seriamente”, sorride Varone. “Scherzi a parte, non mi fa mancare niente nemmeno lei. È una delle mie grandi fonti di energia prima di ogni a partita”. Le altre, anche nel mondo del calcio. “A me ha sempre fatto impazzire Yaya Touré”, il centrocampista rivela i punti di riferimento. “Ultimamente guardo i video di Milinkovic, un’eleganza devastante. E da tifoso del Napoli gli inserimenti del primo Hamsik. Ma quando mi voglio gasare un po’ mi basta fare play su qualche giocata di Yaya”.
Oppure, sull’ultima dritta del mental coach. “Mi ha consigliato il soundtrack di Pirati dei Caraibi: 11 minuti prima di ogni partita, mi fa entrare nel mood giusto”. Con quei baffetti alla Jack Sparrow, neanche a farlo apposta: all’arrembaggio della Serie C, un gol dopo l’altro, nel segno del Puma.