“Scusa Emil, adesso che non puoi più fare gol di cosa ti occuperai?”. Silenzio. La risposta si fa attendere ma è di quelle davvero convincenti: “Voglio stare vicino ai miei cari. Negli ultimi 25 anni li ho un po’ trascurati. Adesso voglio godermi la famiglia al 100%. Poi si vedrà. Quello che viene viene”. Quello che è stato non è arrivato per caso: 258 gol nel calcio professionistico in 24 anni di pallone, tutti dalla Promozione alla Lega Pro. “Una macchina! Sconvolgente!” aggiungiamo noi. Emil Zubin - che dal cognome sembra veneto ma le cui origini sono croate! - ci stoppa subito e precisa puntuale: “I gol sono 271! 271!”. Contati dal protagonista, uno dopo l’altro. Il segreto è uno solo: “La voglia. Tutti mi hanno definito come giocatore intelligente, che sa trovarsi nel posto giusto al momento giusto. Giocare semplice e per la squadra ti fa fare tanti gol. Gira che ti rigira capitava sempre a me di buttarla dentro”. E proprio qualche giorno fa - a 40 anni - “Zubo” ha deciso di smettere con il calcio giocato, per la gioia (solo) dei portieri di categoria. “È stata una decisione presa repentinamente perché ho avuto dei problemi in famiglia. E’ stata una scelta personale”.
Tra il 2000 e il 2008 “Zubo” è andato in doppia cifra sei volte nell'allora Serie C2, con Biellese, Ivrea, Carpenedolo e Bassano. Il momento più alto però parte da più lontano. “A 14 anni ho preso le mie cose e sono partito, da un paesino sconosciuto della Croazia. Tutto quello che ho fatto l’ho fatto da solo. I ricordi più belli sono sicuramente gli scudetti in D con Venezia e Pordenone”. Rimpianti, pochi. Emil rivede il bicchiere mezzo pieno. “Sono stato forte soprattutto a 18 anni: gli altri ragazzi si andavano a divertire mentre io vedevo solo il pallone. Volevo diventare un calciatore professionista a tutti i costi”. L’unico rammarico: “Quello di non essere arrivato in Serie B o Serie A”. Nel suo percorso anche una piazza calda e prestigiosa come Padova. “A Padova ho fatto solo 6 mesi ma mi sono trovato benissimo. Abbiamo vinto il campionato e la tifoseria era stupenda. Ci seguivano in tantissimi dovunque. Eravamo un grande gruppo“. Il Lumezzane è stata la sua prima squadra nel professionismo. “Ho fatto il salto dall’Eccellenza alla Lega Pro nel 1997. Loro mi seguivano quando giocavo in un girone di Eccellenza lombardo-bergamasco. Mi hanno notato perché avevo fatto una valanga di gol”. Strano.
Un gigante “bravo con i piedi”. “E di testa, Emil?”. “Non ero così bravo, anzi!”. Ridiamo. L’idolo è un cigno. “Quando ero giovane il mio modello era Marco Van Basten: elegante, bravo coi piedi, giocava per la squadra e faceva gol. Penso sia stato l’idolo di molti”. “Zubo” si definisce social. “Da 1 a 10? 6 e mezzo. Ho solo Facebook e ci vado ogni tanto”. Scaramantico non lo è. Per niente. "Assolutamente no, non sono il tipo. Anzi me la prendevo con quelli che avevano riti strani prima o durante una partita. Dicevo loro ‘ma cosa state facendo? E’ già tutto scritto’”. “Come il fatto che già da domani ti mancherà segnare...” rincariamo. Emil non smentisce ma guarda avanti, alla sua famiglia. Perché il prossimo gol è quello davvero importante, che vale più di una carriera.
di Riccardo Despali e Matteo Moretto