'Un Capitano', le 8 migliori frasi della biografia di Totti
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Data: 27/09/2018 -

'Un Capitano', le 8 migliori frasi della biografia di Totti

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“Un capitano” nelle librerie, Francesco Totti a cuore aperto nella sua biografia ora disponibile nel giorno del suo 42° compleanno. C’è chi ha fatto la fila per essere tra i primi ad avere tra le mani il libro del numero 10. Un viaggio nel passato, in una carriera straordinaria ricca di aneddoti e curiosità mai raccontate. E certamente interessanti; tra incomprensioni, litigi, amore (per la maglia e per la famiglia), rifiuti, compagni, amici e trionfi.

Un percorso al fianco del Capitano in 20 capitoli e alcune frasi da ricordare.

Capitolo 1, il prescelto

“Nel corso della mia carriera mi è stato ripetuto più volte che la fortuna mi ha baciato in fronte, ma mi madre si spinge a raccontare un altro bacio, e devo dire che perfino io stento a crederle, se il suo racconto non fosse avvalorato da una fotografia (…). Sono in Vaticano con mia madre. Sono vestito con una tuta gialla e sono biondissimo, un angioletto insomma. Quando mi passa accanto il Papa, mi tocca i capelli e mi sembra già tanto (…). Poi, improvvisamente, si volta, torna indietro di due passi, si china su di me e mi bacia in fronte (…). Ancora oggi, lei sostiene che io sia diventato in qualche modo il Prescelto, e la mia carriera sarebbe lì a dimostrarlo (…). Secondo me mi baciò perché ero biondo e avevo una bella tuta”.

Capitolo 7, Batman e Robin

“Antonio Cassano è il giocatore più forte con cui abbia mai giocato. E’ il fratello minore che non ho mai avuto, e al quale ho tentato di “salvare” la carriera senza riuscirci, o almeno non come avrei voluto (…). Ogni mattina dovevi farti il segno della croce, perché avrebbe combinato qualcosa per sconvolgere la pace dell’allenamento (…). Ora che si è ritirato anche lui, mi racconta che passa le ore dedicandosi al tennis e a giocare con i figli, ed è felice, presto gli racconterà di quando eravamo Batman e Robin”.

Capitolo 8, Sei Unica

“La mia esultanza con il dito in bocca è dedicata ad Ilary, quando lei si concentra (…) il dito le torna alla bocca proprio come quand’era una bambina. E’ il gesto più suo in assoluto, replicarlo dopo ogni gol è un omaggio alla donna che mi ha cambiato la vita. E’ un modo per dirle che continuo ad amarla come quando la vidi in tv per la prima volta, o come quando decisi di non restituire una palla a Montella (nel derby contro la Lazio finito 5-1 ndr) perché dovevo costruirci il nostro futuro”.

Capitolo 9, No Gracias.

“Penso, mi commuovo (…) e decido. No, non andrò al Real Madrid perché non è la mia storia. La mia storia è la Roma, un sistema di punti di riferimento che mi permette di esprimere il mio massimo come uomo e quindi come calciatore. La famiglia di sempre. (…) Non saprei dire a loro, alla gente di Trigoria, che me ne vado, la vivrebbero come una pugnalata. E io non posso pugnalarli. Non posso tradire la mia gente. Non me ne sono mai pentito, nemmeno nei lunghi anni dei secondi posti, o scorrendo la classifica del Pallone d’Oro e trovandoci tutto, tranne il mio nome. Non era il mio posto, non era la mia storia (…)”.

Capitolo 10, il cucchiaio d’argento

“Lo sputo a Poulsen è l’episodio della mia vita del quale più mi vergogno. Non della mia vita sportiva, ma della vita tutta, a 360 gradi. Me ne vergogno così tanto da averlo immediatamente rimosso. E’ una cosa che continua a bruciarmi, anche a distanza di anni”.

Capitolo 14, insonnia da finale

“Quella notte è diversa, nessuno riesce a dormire (…). Io e Gattuso giochiamo a scopa, Materazzi, De Rossi, Oddo, Pirlo, Barone e Iaquinta giocano alla playstation. Un torneo di Fifa due contro due. Buffon sta guardando una partita di Wimbledon registrata, Amelia sta leggendo un libro di filosofia. Con me, come secondo ispettore, c’è Inzaghi. L’unico al quale venga un po’ di sonno è Del Piero. Passa a salutarci tutti con un sorriso ironico: “Sapete, io sono abituato alle finali, quindi la vigilia non mi fa tutto questo effetto”. Viene congedato da una serie di insulti e dal lancio di qualche ciabatta. Grandissimo Ale”.

Capitolo 18, il secondo tragico Spalletti

“(…) Penso mi beccherò una bella multa per quell’intervista. Non immagino la sberla che sta per arrivare. 'Basta, inutile proseguire, tanto non capisci. Hai sbagliato, e adesso vai a casa'. È la punizione più umiliante. Cacciato da Trigoria. Io. Cacciato da casa mia. Tremo dalla rabbia (…). 'Molto bene, accetto la sua punizione. Vedremo se sarò io o sarà lei a pagarne le conseguenze'. Spalletti: 'Mi stai minacciando?'. Totti: 'Lei sa che a Roma la gente è dalla mia parte. Io ho soltanto parlato bene di lei, eppure mi vuole cacciare. Si assuma le sue responsabilità'. Spalletti: 'Tu ormai sei come gli altri, dimenticati di quando eri insostituibile'. Totti: 'Vigliacco, adesso non ti servo più mi rompi il cazzo, eh? Sei tornato qui con una missione, portala a termine!'. Ce le diciamo tutte, alla fine di sottinteso non resta nulla. Me ne vado stremato”.

Capitolo 19, Speravo de morì prima

“Se in quell’ultima partita avessi avuto a disposizione un rigore – a risultato acquisito, diciamo – l’avrei calciato direttamente in curva, una specie di regalo alla mia gente”.



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