L’ultimo a uscire dallo spogliatoio a fine partita è un brasiliano. Ma non perché se la tiri e voglia farsi attendere, tutt’altro. Un motivo alla base c’è. “E’ un classico dei nostri sudamericani, sono così” ci spiegano in mixed zone. Camminata lenta e faccia poco soddisfatta. “Mah, che peccato… meritavamo di più”. Sul collo, un bel graffio, visibilissimo. “Che ti sei fatto? Qualcuno si è appeso, evidentemente aveva le unghie da donna…”. Noi sorridiamo, lui meno. Ma se in campo vai a tremila e l’avversario non ti vede mai, un modo per fermarti dovrà pur trovarlo. Ride anche lui questa volta. Daniel Bessa. O semplicemente ‘Dani’ perché "parenti e amici mi hanno sempre chiamato così” ci racconta lui nel post di Hellas-Brescia. Due battute di qua, quattro chiacchiere di là, tra giornalisti e piccoli tifosi. Disponibile con tutti e dalla parlata comprensibile, in un italiano ‘brasilianizzato’. Normale, se è nato a San Paolo. Mentre spiega il perché e il per come del pareggio ottenuto contro la squadra di Brocchi, il nostro occhio cade dritto sul suo braccio. Un tatuaggio, in inglese: ‘Blessed’. E Bessa poi ce lo racconta: “Me lo sono fatto perché mi ritengo una persona fortunata e benedetta dal Signore. Per tutto quello che ho avuto e fatto, per tutto quello che possiedo ora: famiglia, fidanzata, amici, lavoro ma soprattutto salute”. Ma andiamo con ordine. Il rapporto che lega Daniel ai suoi cari è fortissimo, in particolare modo con… “mia mamma e mio fratello. Quando mi sono trasferito in Italia per giocare nell’Inter ero giovanissimo. Mio fratello è stato il primo a sostenermi. Anche perché lui si trovava già qui, in quel periodo giocava nella squadra di calcetto della Ternana, così per i primi mesi abbiamo vissuto insieme. Mia madre invece mi ha raggiunto solo poi ma è stata fondamentale nel mio percorso di crescita all'estero”. Vicenza, Olhanense, Sparta Rotterdam, una promozione in A col Bologna e una retrocessione in Lega Pro con il Como. Girandola di prestiti, sempre con la proprietà nerazzurra sul suo cartellino. Adesso Verona. “Una tappa importante per la mia carriera”. Forse decisiva, per il grande salto. E la famiglia? "Vivo con la mia fidanzata. I miei si trovano in Brasile ma li sento tutti i giorni”. Bravo ragazzo, cuore innamorato e mentalità giusta, di chi si è dovuto arrangiare in fretta, nonostante sia ’93. In campo, una delizia assoluta. Vedere per credere questo avvio di campionato di B: tocchi imprevedibili e passaggi veloci, inserimenti improvvisi, lanci e dribbling. Pure qualche numero - ovviamente funzionale - da… calcetto. Eh certo. “In Brasile giocavo sempre e solo a quello, tutto il tempo. Quando ho iniziato a 11 avrei dovuto lasciare il mondo del futsal ma ho continuato lo stesso, per un periodo anche di nascosto. Mi piaceva troppo. Una volta arrivato all’Inter ho dovuto smettere”. Tecnica, personalità. Un futuro che può diventare totalmente gialloblù qualora il ragazzo dovesse toccare quota 18 presenze ufficiali con la maglia del Verona. E le probabilità sono altissime. In quel caso il riscatto nei confronti dell’Inter sarà obbligatorio.
Smartphone in mano e Instagram aperto. Una sfogliata rapida su @d_bessa. "Qui sei con Ronaldo, il Fenomeno...". Dani sorride, il ricordo lo colpisce al cuore. "Ero giovane, il destino ci ha fatti incontrare, per fortuna. Non mi sono mai emozionato così tanto come in quell'occasione. Ronnie è il più grande di tutti i tempi". Più su e troviamo una coppia che scoppia solo al pensiero: Bessa-Xabi Alonso. "Uno dei centrocampisti che ammiro di più! Un modello! Ho avuto la fortuna di sfidarlo, quest'estate in ritiro con l'Inter. Così ho colto l'occasione e... gli ho chiesto la maglietta! E' stato gentilissimo". Ma l'album (digitale) dei ricordi non finisce qui: la sua ragazza, il nerazzurro, una foto molto bella in compagnia di Miranda, con NYC alle loro spalle. "Quella a cui tieni di più?". Dani ha la risposta pronta. "La prossima". Magari proprio con la maglia del Verona addosso, che gli sta dando la giusta fiducia. Magari dopo una bella vittoria. Chissà, dopo un gol. Perché questo brasiliano qua sarà anche 'blessed' ma è soprattutto cocciuto. Talento predestinato. Ambizioso. E non lo diciamo noi: basta (e parla) il campo.