Un anno in lettere. Il 2017 dalla A alla Z
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Data: 31/12/2017 -

Un anno in lettere. Il 2017 dalla A alla Z

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A di Serie A

365 giorni di goal, campioni, successi, disfatte e follie di un calcio pomodoro e basilico che dominava il mondo fino a pochi anni fa e, adesso, sta come d'autunno sugli alberi le foglie.


B di Benevento

A Benevento, si sa, c'è una leggenda secolare legata alle streghe. Pare che fossero molto sensibili a chi, per catturarle, le tirava per i capelli, afferrando la loro coda di cavallo. E forse non a caso la prima vittoria in serie A del Benevento è arrivata da un goal di Coda, colpo di coda di un anno solare che, in Campania, ha regalato grandi soddisfazioni.


C di Champions

Fino alla fine, come da hashtag irrinunciabile, i bianconeri calcano le scene italiche, ma in Europa affondano sempre in vista del porto, su uno scoglio dalle grandi orecchie che ne squarcia l'inossidabile chiglia. Quella fatidica Champions sembra, per gli juventini, come Moby Dick per il Pequod. C'è un capitano, Buffon, che di Achab ha preso i tratti. È mutilato da quel trofeo mancante, in un palmares altrimenti perfetto! Lo insegue, lo caccia per i sette mari, e viene inesorabilmente sconfitto. Sette mari come sette finali, e solo gli ismaelitici tifosi a poterlo raccontare.


D di De Rossi e Disfatta

Forse, in effetti, si potrebbe fare un bel discorso, non già come quello del capo dello Stato, a reti unificate, ma a reti inviolate. Sì, perché l'Italia sembrava non poter segnare nemmeno se avesse giocato dieci partite. Forse anche perché, invece di attaccanti, si mettevano centrocampisti a caso, i quali, talvolta in preda a incredulità, rifiutavano perfino d'entrare dalla panchina. E proprio in quel labiale di De Rossi sta quel che dovrebbe essere motto e imperativo categorico di qualsiasi squadra italiana che varchi i sacri confini alpini: non dovemo pareggia', dovemo vince'!


E di Europa

Nei primi anni 2000 c'era quasi sempre un'italiana almeno in finale di Champions League. Oggi, tolte le avverse fortune bianconere, tutti si gettano a capofitto su un palcoscenico che chiede ritmo e confusione, imprevedibile improvvisazione, classe e rocambolesche avventure, proprio come uno spettacolo d'Arlecchino, Pulcinella e Pantalone.


F di Finanza

La finanza ha assunto, nel calcio, un ruolo assolutamente determinante. L'era del mecenatismo glorioso è chiusa. Non a caso i suoi più illustri rappresentanti si stanno uno a uno sfilando, cedendo il passo a misteriosi finanzieri, che su fondi finanziari poggiano i loro piani industriali. È inevitabile che nel mondo globalizzato una squadra di calcio vada gestita esattamente come fosse un'azienda. Quel che va gestito è l'isteria dilettantistica degli haters da tastiera, che pare abbiano tutti fatto corsi pratici di economia tascabile.


G di Gigio

Il tormentone estivo è stato il rinnovo del contratto di Gigio Donnarumma. Mino Raiola, col suo passato di gavette e il suo futuro da nababbi, ha gestito e, forse, perso, la battaglia per dimostrare al mondo che, oggi, nel calcio, comandano i procuratori. Non è così: comandano per il 70% i soldi (e nemmeno Raiola può farci niente), e per il 30% il valore della reputazione. Gigio è un ragazzo molto più maturo dei suoi anni, che ha sentito tutto il peso non delle presunte e, francamente, ridicole pressioni psicologiche, ma dell'amore della gente e della sua famiglia. Ha già più soldi di quanti gliene potranno mai servire e la reputazione vale più di qualsiasi cachet. E il grande fratello Antonio, eroe natalizio di un derby rossonero, s'è rivelato, oltre che ottimo portiere, non una tangente pretesa da qualcuno, ma una presenza calorosa di quella famiglia che non ha voluto abbandonare il suo talentuoso cucciolone.


H di Holly e Benji

Ai Mondiali, dove non saremo, tiferò Giappone, perché Holly e Benji qualcosa vorrano ben dire per tutti noi!


I di Italia

Tutto vero! Non andremo al mondiale, per la prima volta dopo più di sessant'anni. Noi che eravamo abituati, ogni dodici anni, a essere almeno in finale. Fate i calcoli, dal 2006.


J di Juventus

Una squadra che in Italia c'è sempre stata, immutabile come le tasse. Cannibale e inesorabile. Per vincere bisogna passare sul suo cadavere achilleo. E di punti deboli ne ha pochi. Forse solo quello, tutto psicologico, di sciogliersi nelle finali, di perdersi romanticamente sul più bello, anche per dare agli altri qualche giorno di gloria in un monologo altrimenti noioso.


K di Kylian Mbappé

In principio era il Milan, cose formali a gogo, che sembravano eccessi da lucine nel deserto del Nevada in salsa cantonese. Deliri, invidie e battutine. E poi fu Neymar, un fulmine solo talmente potente da oscurare col suo bagliore a 220 megatoni (d'euro) un'intera estate di polemiche e offerte milionarie. Tutto finito? Macché. Proprio quando tutti pensavano di aver visto il massimo, uno sceicco poco avvezzo ai paletti della UEFA, e molto, molto ricco, fece ammantare una Ferrari a 18 carati, come gli anni del nostro soggetto, pagando, a peso d'oro e forse più, un ragazzino timido e velocissimo, forse più del fulmine blaugrana. 18 carati per 18 anni, come quelli del Gigio di cui sopra. Après lui le déluge?


L di Leonardo

Il genio italico ha sempre avuto ragione, contro tutto e tutti. Pensate a quando partì Colombo con un'idea copernicana in testa! Quante gliene avranno dette! E lui testardo seguiva gli alisei. Il buon Leonardo, quello da Vinci, non da Viterbo, progettava macchine volanti. E tutti a ridere. Ai nostri giorni c'è un Leonardo che ha chiuso un capitolo per tanti motivi, quasi tutti personali. E chi siamo noi per giudicare? Se Higuain sollevò rivendicazioni di libero arbitrio, come possono le opposte fazioni stravolgere le loro opinioni agli antipodi per un'evenienza di stesso segno? Come si può giudicare un uomo, un padre, prima di tutto, che ha superato momenti orribili che hanno lasciato profonde cicatrici, per una scelta professionale? Se Donnarumma fosse andato alla Juve gli stessi che oggi odiano Bonucci l'avrebbero accolto con un sorriso? Donnarumma è la predestinazione, Bonucci il libero arbitrio. Servono entrambe le cose, perché una persona fa quel che può, con quel che ha.


M di Milan

Dopo 30 anni e rotti il sodalizio rossonero passa di mano, con una trattativa infinita e mediaticamente sconvolgente, da Berlusconi a cinesi misteriosi, con un'aura americana da film sugli squali di Wall Street. Compra qualsiasi cosa in un mercato avventuroso, spendendo come nemmeno i più sfrenati Yuppies avrebbero saputo fare, conia hastag e tormentoni estivi, accende i sopiti e ben avvezzi tifosi nella calura agostana e poi si trova in crisi prima ancora di partire, senza un'anima, né un gioco, solo dubbi e avversità. Però spesso è dalle burrasche che nascono le giornate più pescose.


N di Napoli

Un Napoli sarriano e dal palleggio facile vince il titolo d'inverno, collezionando ben 99 punti in questo stanco 2017, con il suo capitano che, proprio al culmine di questa cavalcata di rivoluzione, solare e non, raggiunge e supera le marcature del mito partenopeo più grande di sempre, davanti a una Juve che è vecchia, forse, ma pur sempre Signora e non molla mai. Il filo conduttore è sempre quello, la perseveranza, la voglia di non mollare mai, di credere in qualcosa fino in fondo. Perché a Napoli vincere non è l'unica-cosa-che-conta, è un moto rivoluzionario, è armonia poetica.


O di O'Ney Neymar

Del fulmine abbiamo già parlato. E, dopo il lampo, arriva il tuono. 220 milioni pagati sull'unghia per una diatriba che, non fosse stato per quella sull'indipendenza catalana, a Barcellona sarebbe stata la più importante per qualche anno. E lui comincia forte, poi un po' si perde, proprio come il rumore d'un tuono, suscitando forse qualche invidia e qualche imbarazzo nei suoi compagni già affermati, che devono essersi sentiti sminuiti, come traditi si devono essere sentiti quelli lasciati in un Camp Nou che ai campioni e alle loro bizze dovrebbe essere ben avvezzo.


P di Pazza Inter

Un'Inter sempre più pazza, che riesce prima a convincere tutti di essere lì con le grandi e poi, appena ottenuto l'imprimatur, torna alle sue classiche crisi di nervi. Goscinny avrebbe fatto dire a Obelix che sono pazzi questi bauscia! Per amare l'Inter devi avere uno spirito perdutamente Bohémien. L'Inter prima t'illude e poi ti abbandona, è una borghese un po' snob. Come disse Gianni Brera è la sigaretta, contro il sigaro cugino.


Q di Quarantanovesimo minuto

Capita così, in questo calderone che, a confronto, fa sembrare la rostandiana baruffa della porta di Nesle un ordinato mercatino natalizio tirolese, che con un vero, autentico, monumentale colpo di teatro il secondo portiere della matricola Benevento, Alberto Brignoli, un ragazzino spaurito e titubante, all'ultimo minuto di recupero, si tuffi a occhi chiusi e insacchi alle spalle di quello che, per predestinazione, sembra poter essere il primo portiere da qui a un bel pezzo.


R di Roma

E poi c'è la Roma, alla perenne ricerca d'una identità vincente, più che mai nell'anno del difficile e celebratissimo distacco calcistico dal suo capitano storico, suo autentico ottavo re. Tutti per Totti, ma Totti è solo uno. E i giallorossi adesso sono monchi e Monchi, con pochi leader e le usuali speranze.


S di SS Lazio

L'autentica rivelazione dell'anno! Fresca, briosa, spumeggiante, ritmicamente perfetta. Lazio bella e impossibile, che ha trovato in una soluzione di ripiego come quella di Simone Inzaghi, una quadratura che fa sognare i tifosi.


T di Tavecchio

Tavecchio è un nome che sta tutto nel suffisso "vecchio". Fin dall'inizio, tra banane e lap dance, le premesse non davano adito a grandi speranze. E così è, pur se non vi pare, la situazione italiana, dentro e fuori dal calcio. Siamo un Paese per vecchi.


U di Uniamo le forze

E se proprio dovessi avere un desiderio per il bel Paese dove il VAR si sperimenta, un augurio per l'anno che sarà, vorrei che mettessimo nella vita la stessa passione che mettiamo nel calcio, perché siamo un popolo straordinario, di Santi, poeti e navigatori, anche se, da un po', non ci crediamo più.


V di Ventura

Come può un allenatore che, al massimo, ha navigato in zona Europa League, in un'epoca disastrata, essere il condottiero che emulerà Bearzot e Lippi? Ai posteri la facile sentenza è già arrivata.


Z di Zlatan

Il vecchio Zlatan, che giochi o no, continua a dominare le scene, tra polemiche e dichiarazioni guascone. Che sia lui il frutto più puro del calcio moderno e raioliano? Uno showman travestito da supereroe?


Andrea Bricchi
(@andreabricchi77)



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