Un foglio di carta con la formazione della Lazio 2008/09, un appuntamento con Lotito e un’insolita domanda: “Cosa ne pensi di questa squadra?”. L’avventura da d.s. di Igli Tare è iniziata così. E’ entrato nell’ufficio del presidente biancoceleste per firmare un rinnovo da calciatore e ne è uscito direttore sportivo. L’investitura di Lotito è stata ponderata: “E’ da tempo che penso a questo ruolo per te, hai due giorni per decidere”. Tare ci ha messo molto meno per dire sì, e da allora non ha mai cambiato idea.
Era il 2008: sono passati dieci anni e ne passeranno almeno altri due. La conferma è arrivata giovedì sera: “Per il rinnovo è fatta, mancano solo alcuni dettagli”. Formalità per una storia così lunga. Un legame nato nelle difficoltà e cementato nel tempo. In pochi all’inizio credevano in lui, Lotito lo ha fatto ed ha avuto ragione. Igli ha imparato tutto da solo, pochi consigli e tanto lavoro. Così è arrivato in cima. Ora è diventato uno dei migliori in Italia, per lui c’è la fila. Ma la risposta è stata sempre la stessa ‘no grazie’. Tare a Roma si sente a casa, lo ha ripetuto più volte.
I litigi con Lotito sono un lontano ricordo, la diffidenza della piazza è stata superata per fare spazio ad una sana ammirazione. Ormai tutti riconoscono il talento di Igli. Dategli più di 8 milioni di euro e vi porterà un giocatore dal futuro assicurato. E’ successo quasi sempre: quello che tocca diventa plusvalenza. Bilancio in attivo ma anche trofei: Tare non si fa mancare nulla. In biancoceleste ha già collezionato due Coppe Italia e altrettante Supercoppe Italiane, entro il 2020 spera di vincere ancora.
UN UOMO SOLO AL COMANDO
Nessuna rete di osservatori, giusto un analista video e soprattutto una serie di conoscenze che ha coltivato nel tempo per scovare talenti. Igli Tare lavora praticamente da solo, senza l’aiuto di nessuno. Si appoggia ad una piattaforma di scouting russa e passa intere nottate a visionare filmati. Una volta individuato l’obiettivo lo segue per mesi, prima in video poi dal vivo. Fondamentale però anche l’aspetto umano del giocatore, per questo prima della firma si informa sul carattere e vuole parlare con i familiari. Non lascia nulla al caso.
Parla sei lingue (albanese, italiano, inglese, tedesco, spagnolo e greco), non vuole che i giocatori gli diano del lei e sogna un giorno di allenare l’Albania. Fanatico del lavoro, fino al punto di finire qualche anno fa per nove giorni in terapia intensiva a causa del troppo stress. La prima domanda prima di entrare in sala operatoria? “Posso portare con me il cellulare?’”. Dopo quell’esperienza ha iniziato a vivere il calcio con più leggerezza, tanto che qualche mese fa dopo dieci anni è riuscito finalmente a concedersi una vacanza con la famiglia. Otto giorni a Dubai e telefono quasi staccato, un evento raro.
I COLPI MIGLIORI
Tanti acquisti, qualcuno inevitabilmente sbagliato e altri che hanno portato nelle casse della Lazio trofei e plusvalenze clamorose. La lista è lunga. Keita se lo è andato a prendere direttamente a Barcellona, Strakosha è stato consigliato dall’amico Fotaq, padre di Thomas e leggenda del calcio albanese. Klose è stato convinto a sposare il biancoceleste grazie soprattutto al rapporto con Tare, coltivato fin dai tempi del Kaiserslautern.
Igli ha creduto in Immobile dopo il fallimento in Germania e ha scoperto Milinkovic-Savic, preso per poco più di 10 milioni e ora valutato almeno 100. Dal Brasile ha pescato Hernanes e Felipe Anderson e in Olanda ha battuto la concorrenza per de Vrij. In Spagna ha preso Luis Alberto, un ‘principe pigro’ diventato mago e dallo Young Boys ha portato Lulic, un terzino semisconosciuto diventato eroe biancoceleste. Un’infinità di talenti, tante Lazio. Tutte nel nome di Tare, l’attaccante diventato direttore sportivo quasi per caso