Nell’epoca delle fake news è successo anche questo: lo scorso settembre un giornalista di Infosport+, cadendo nella trappola di un sito web satirico, ha spiegato come l’ottimo momento del brasiliano del Bordeaux Malcom fosse dovuto al recente acquisto, da parte dei Girondins, del fratello minore Douwi. Nessuno, in studio, ha notato l’assonanza con Dewey, fratello del Malcolm della nota serie tv, ma gli osservatori di Bayern Monaco e Manchester United dovranno fare più attenzione: di Malcom, infatti, ce n’è uno solo.
Il giovane nato nel 1997, che con i suoi gol e assist sta tenendo il Bordeaux fuori dalla zona retrocessione in Ligue 1, non deve il suo nome a un telefilm con Bryan Cranston, ma in maniera più ovvia a Malcolm X: e pazienza se al padre, grande fan del politico afroamericano, è sfuggita un L all’ufficio anagrafe, prima di abbandonare la famiglia, perché l’attaccante è orgoglioso del legame con il leader per i diritti dei neri, che ha anche omaggiato con una delle sue tante acconciature.
Cresciuto a San Paolo nella favela di Buraco Quente, Malcom è per molti un predestinato, ma un predestinato che ha saputo sfruttare inattesi colpi di fortuna: cresciuto, dall’età di undici anni, assieme al compagno di squadra e migliore amico Guilherme Arana, oggi al Siviglia, con cui ha condiviso viaggi in autobus, allenamenti e a casa del quale ha passato sostanzialmente tutto il suo tempo libero, nel 2014 era ancora una riserva nella squadra Under 17 del Corinthians. Una riserva che spesso entrava nel secondo tempo per fare gol, facendosi così notare da Osmar Loss, allenatore dell’Under 20, che lo considerava “un irresponsabile con molta responsabilità” e decise di portarlo con sé alla Copa São Paulo de Futebol Júnior, la Copinha, tradizionale appuntamento di gennaio del calcio giovanile brasiliano: Malcom era il trentesimo di una lista di trenta, serviva per fare gruppo, sapeva che avrebbe potuto anche non giocare mai, visto che era tra l’altro molto più giovane dei compagni, ma entrò presto tra i titolari e chiuse il torneo con sei gol, di cui uno in finale.
Poco dopo, per mancanza di alternative, arrivò anche il debutto in prima squadra: Mano Menezes, non essendo riuscito ad acquistare Nilmar, dovette puntare su di lui per l’attacco del Timão, anche se avrebbe preferito evitare per non caricarlo di aspettative. Segnò il primo gol nel Brasileirão alla sua prima partita giocata per intero e a quel punto cambiò la sua vita: poco tempo per la scuola, tanto che ammise che era la madre a svolgere i compiti a casa per lui, e nel novembre del 2014, quando gli venne chiesto di tenere per la prima volta una conferenza stampa, la timidezza lo spinse a chiedere di spostare l’evento fuori dalla sala stampa, in modo da farla sembrare più una chiacchierata, e dichiarò di sentirsi più a suo agio di fronte ai difensori avversari che a tanti microfoni.
Un anno dopo venne convocato al Sudamericano Under 20 e al Mondiale Under 20 e riuscì a diventare anche campione del Brasile, contento per aver vinto con la squadra per cui faceva il tifo già a due anni, per di più da titolare dopo la partenza di Emerson Sheik, suo modello di riferimento dopo Neymar (ma si è anche guardato qualche video di Romário per capire come si fa a segnare di testa senza essere alti). Tite avrebbe voluto tenerlo ancora con sé e attaccò gli agenti che fecero di tutto per portarlo in Europa, ma dovette rassegnarsi a seguire il campionato francese e oggi, da selezionatore del Brasile, ammette che potrebbe aver sbagliato a non averlo ancora convocato, forse frenato inconsciamente dal fatto di averlo già allenato.
Sbarcato in Europa nella tranquilla Bordeaux, a metà della sua seconda stagione ha già eguagliato i numeri del suo primo anno, in quanto a gol e assist; eccentrico il giusto, meno di quanto ci si aspetterebbe dal brasiliano medio, nessuno segna più di lui da fuori area tra gli under 23 dei principali campionati europei e lo spettacolare gol al Dijon è un buon promemoria. Accostato, inevitabilmente, a Neymar, è apparso con il suo connazionale in un selfie al termine di PSG-Bordeaux 6-2 dello scorso settembre: in società non hanno gradito e lo hanno fatto notare pubblicamente. Lui, al primo gol segnato, ha però festeggiato mimando un autoscatto col telefonino.
di Marco Maioli - Tre3Uno3