Meno due ai quaranta, meno tre al Milan. Chissà quale sarà il regalo per Marco Storari: permanenza a Cagliari o passaggio in rossonero? Stando alle parole del portiere di Pisa il desiderio è quello di rimanere in Sardegna, magari festeggiando il rinnovo della fiducia con una grande prestazione a San Siro:
"Siamo a quota 23 punti in classifica. L’unica cosa che mi dispiace è che abbiamo subito troppi gol, ma la situazione è comunque positiva. È un buon momento e ci tengo, comunque, a precisare che io non ho chiesto di andare via. Ci possono essere discorsi in corso con la società, ma il mio desiderio è quello di non lasciare Cagliari. Spero di continuare a fare bene". L'obiettivo personale? Forse quota 500 partite: "Sarebbe un traguardo importante considerato che ho fatto anche tanta panchina. Comunque è giusto porsi obiettivi ma non dei limiti. Io mi sento alla grande, a volte mi devono fermare in allenamento. La carica deve arrivare da Antonio Conte che mi diceva 'Devi avere sempre il fuoco dentro!'. Devi avere sempre delle forti motivazioni, qualsiasi cosa tu faccia. Io non mi rendo conto della mia età. Ho solo stabilito che fino a quando avrò voglia continuerò a giocare".
Entusiasmo e voglia sono ancora quelli dell'inizio: "Ancora adesso mi alleno come le primissime volte, quando giocavo nelle Fiamme Azzurre di Roma. Lo faccio talmente intensamente che sono costretti a fermarmi. Ma l’allenamento in campo è solo una parte del mio impegno quotidiano. Poi mi riguardo alla tv. E già... mi faccio riprendere ogni giorno da una telecamera. C’è sempre da imparare, anche alla mia età. Non pensavo di poter essere ancora in porta a 40 anni. Ho iniziato davvero per gioco, da bambino. Ammetto di aver sognato di diventare un professionista. Ma per me il calcio non è mai stato un’ossessione. Anzi. Anche la mia famiglia non ha mai fatto pressioni in tal senso".
Passato giallorosso, ma a Roma non è amato: "Ho trascorso quattro anni eccezionali, dagli Esordienti agli Allievi. Ero felicissimo perché la mia famiglia è romanista. Ma io volevo giocare, quindi andai a Ladispoli dove c’era un allenatore, Francesco Scaratti, che era stato alla Roma e convinse mio padre a farmi cedere in prestito in quel club. A me non importava dove, perché volevo solo giocare. La serata del 25 aprile 2010 nessuna rivalsa o vendetta. Io mi sono semplicemente limitato a fare, come al solito, il mio dovere. Ero arrivato a gennaio alla Samp dopo un grave infortunio. Arrivavo dal Milan, avevo voglia di fare bene in quei pochi mesi che mancavano alla fine del campionato. I romanisti mi dicevano 'noi ci stiamo giocando lo Scudetto'. E io rispondevo: 'io mi sto giocando la qualificazione alla Champions League'. Poi è diventato facile parlare solo di Storari, delle sue parate, del fatto che ero romanista. In realtà c’è stato anche un grande gol di Pazzini, è stata la squadra a vincere".
Rammarico? "Sicuramente se affrontassi i miei 30 anni di calcio con la testa che ho adesso mi toglierei il doppio delle soddisfazioni. L’esperienza e la maturità sono ingredienti fondamentali non solo nel calcio. Ma in verità non penso di aver mai preso una strada sbagliata. Ho sempre ottenuto obiettivi importanti e ho ricordi fantastici. Nel Milan l'allenatore eraLeonardo, Vecchi e Fiori preparatori dei portieri. Dida era fermo per un problema al ginocchio. Anche Abbiati era indisponibile. La porta ce la dovevamo giocare io e Kalac. Ci andai io, dopo un breve ballottaggio con il Kalac che poi fu ceduto in prestito. Ho disputato sette partite in campionato e due in Champions, ero felicissimo giocavo in una squadra di campioni: Ronaldinho, Nesta, Pirlo, Kaladze, campioni veri. In un banale torello mi sono fatto male, mi sono strappato".
Dopo il Milan Sampdoria e Juventus con tante soddisfazioni: "Vado a Genova per 6 mesi e poi lascio la Sampdoria insieme a Del Neri e Marotta diretti alla Juventus. Gioco praticamente da titolare la prima metà del campionato. Poi, è ovvio, ho restituito il posto a Buffon che era guarito dai problemi alla schiena. Devo ammettere che ci avevo preso gusto a giocare da titolare. Ci fu qualche mia dichiarazione con qualche mia pretesa. Gigi mi ha perdonato, siamo ancora adesso amici, sono stato onorato di fare la panchina per lui. Comunque anche qui ho avuto fortuna: ho vinto, ho fatto parte di un gruppo eccezionale, a Torino sono nati i miei figli. Rifarei più che volentieri anche questa scelta".