“Il babbo mi è stato vicino in tutto quello che ho fatto. Lui mi ha insegnato a non mollare mai, a non accontentarmi mai”. Famiglia, sacrificio e tanta determinazione. Eccoli, i segreti di Leonardo Semplici per arrivare in Serie A. Al Corriere dello Sport, l’allenatore della Spal ha ripercorso la sua carriera, iniziando da quei campetti di provincia dove ha mosso i primi passi: “Ho faticato allenando sui campi di provincia dove, come per un attore nei piccoli teatri, si impara molto. Da subito abbiamo iniziato a vincere. Ma, per carattere, non mi accontento mai e ho continuato a voler primeggiare. Cosa dico ai miei giocatori? Che voglio giocatori che non si accontentino, che si mettano sempre in discussione, abbiano sempre voglia di migliorarsi. Si può crescere a qualsiasi età, è questa è la condizione per raggiungere qualsiasi obiettivo”.
Ora, la Serie A. “Un’emozione straordinaria”, assicura Semplici. Anche perché il successo più grande è aver “risvegliato un tifo demoralizzato da tanti anni”. A pensarci bene, infatti, fino a 5 anni fa la squadra era tra i dilettanti, oggi, invece, a giocarsi le proprie chance nella massima serie: “In questo momento c’è un entusiasmo straordinario, c’è vicinanza da parte di tutti, della città, dei tifosi. Molti, negli ultimi cinquant’anni, si erano appassionati ad altre squadre. Direi giustamente, perché la Spal era finita addirittura nei dilettanti, cinque anni fa. Ora c’è un nuovo senso di appartenenza, orgoglioso: in città non si dice andiamo alla partita ma “si va alla Spal”. È tornata sui campi di serie A questa maglia particolare, questa maglia a strisce fini bianche e blu che tutti ricordiamo dalle figurine Panini. Forse noi stessi non ci rendiamo nemmeno conto di quello che abbiamo fatto in soli tre anni: due promozioni consecutive dalla lega Pro alla A. Merito della società e dei ragazzi. E anche questa partenza in campionato stravolge ogni previsione. C’è grande voglia di dimostrare, da parte nostra, di poterla meritare, questa categoria”. L’obiettivo? “Tutti ci danno già per retrocessi quindi il nostro obiettivo è quello di salvarci. Per me sarebbe il coronamento di un cammino straordinario”.
Per la corsa allo scudetto, è ancora la Juventus la squadra da battere: “Dico Juve, perché secondo me è sempre la più forte, ma le altre due squadre che vedo molto bene sono il Napoli di Sarri, che in questo momento sta giocando il calcio migliore a livello nazionale, e l’Inter di Spalletti, che è una squadra molto forte, allenata da un bravissimo allenatore”. Già, i bianconeri. Dove gioca Bernardeschi che Semplici ha avuto la fortuna di allenare: “Ho avuto la fortuna di allenare per due anni, nella Primavera della Fiorentina, Bernardeschi, un ragazzo che si sta a formando e speriamo abbia spazio nella Juventus e nella nazionale. Per un allenatore di giovani, come sono stato, è una grande soddisfazione veder crescere un talento”.
Vista la sconfitta del Bernabeu, impossibile non parlare anche di Spagna-Italia. Cosa non è andato in casa azzurra? Semplici non ha dubbi: “Credo abbia trovato una squadra in questo momento più forte di noi. Noi sicuramente qualche errore, come capita, lo abbiamo commesso. Ma diciamoci la verità: il nostro calcio in questo momento, rispetto a quello spagnolo, è un po’ in ritardo. Bisogna crescere sotto l’aspetto del settore giovanile, delle seconde squadre. Secondo me bisogna curare lo sviluppo dei nostri ragazzi in maniera diversa. Sono i vivai che fanno il livello e la qualità di una nazione calcistica. In Spagna fin da giovani viene data loro la possibilità di esordire presto: c’è meno timore negli altri paesi, c’è meno pressione da parte della società e nei confronti del proprio allenatore. In Italia dopo due partite puoi essere già messo in discussione. Quindi un allenatore non dico sia costretto ma inizialmente certo preferisce un giocatore già formato. Si rischia di meno ma i giovani ne pagano il prezzo. Però ora qualcosa sta cambiando, ci sono dei buoni giovanissimi del ’95, ’96, ’97, una nidiata di calciatori che sono convinto porterà a risultati veramente importanti, perché hanno grandi potenzialità”.
Prima del saluto finale, spazio ai sogni. Come quello di allenare, un giorno, la Fiorentina: “Il mio sogno quando siamo partiti era di allenare in serie D, D come Domodossola. Oggi sono arrivato in serie A e mi auguro che questo non sia un punto di arrivo, ma di partenza. Se poi un giorno avrò la possibilità di allenare la Fiorentina ben venga. Però so che, essendo fiorentino, potrebbe essere difficile”.