Impenetrabile. Insuperabile. Decisivo. Sono bastate dieci partite a Milan Skriniar per entrare nel cuore dei tifosi dell’Inter. Un inizio di stagione folgorante: un muro al centro della difesa e una presenza, quando serve, in attacco. Come a Crotone, quando con una girata ha risolto una partita complessa. O come contro i vecchi compagni della Samp. Un gol da predatore per sbloccare l’incontro dopo un’incertezza di Puggioni. Cento giorni dopo il suo arrivo è già pilastro insostituibile del progetto di Luciano Spalletti.
Eppure, a luglio, c’era molto scetticismo intorno al suo acquisto. I tifosi dell’Inter non erano convinti. Un po’ per il nome di battesimo, un po’ per il confronto con gli omonimi del centrale slovacco. L’arrivo di Bonucci sembrava uno spartiacque storico. Per il momento, però, l’affare pare averlo fatto l’Inter. Sembravano troppi i 23 milioni investiti per un giocatore del 1995 con una sola vera stagione in serie A alle spalle. Oggi sanno di colpaccio.
E chi pensava che il ragazzo avrebbe sofferto la pressione di San Siro, ha dovuto ricredersi subito. Nessuna sbavatura, grande cattiveria agonistica, mai una scorrettezza: neanche un cartellino giallo dall’inizio dell’anno. Senso della posizione e rapidità di esecuzione. Un incubo per gli attaccanti, per Dzeko come per Mertens, senza distinzioni di stazza. Qualità speciali che a Esteban Cambiasso hanno fatto venire in mente un paragone impegnativo: Walter Samuel, il muro – appunto – degli anni dei grandi successi nerazzurri.
Poche parole, tanti duelli vinti. Così Skriniar si è preso l’Inter. “È un giocatore fantastico, ha un livello di attenzione altissimo”, ha detto a fine gara il suo ex allenatore Marco Giampaolo, che lo ha cresciuto a Genova. Anche in blucerchiato, Milan portava sulle spalle il numero 37. Un omaggio a Martin Skrtel, suo capitano nella nazionale slovacca che ha fallito la qualificazione ai mondiali. La peggiore fra le seconde, esclusa in modo beffardo dai playoff. Con Hamsik e compagni, Skriniar si è abituato a giocare anche a centrocampo, ulteriore riprova di una duttilità assoluta.
Del resto, da ragazzino, quando lo allenava papà Lubomir, giocava anche più avanti. Un colosso di 187 centimetri coi piedi buoni, al punto che nello Zilina, suo ultimo club in Slovacchia, Milan calciava anche i rigori. Di quello oggi non deve preoccuparsi. All’Inter li tira Mauro Icardi, come successo nel derby vinto all’ultimo respiro. Una gioia che il ragazzo di Ziar nad Honrom ha potuto condividere con tutta la famiglia, presente al completo a San Siro: genitori, fratelli e la bella fidanzata Barbora, accompagnata come sempre dall’inseparabile barboncino.
“Neanch’io pensavo di avere quest’impatto. Siamo primi, per ora forse solo per una notte, ma vogliamo essere sempre lassù”, ha detto Skriniar dopo la gara con la Samp. Arrabbiandosi poi per le due reti subite nel finale: “Non possiamo prendere due gol così, non possiamo essere contenti”. Spirito da vincente, quello che Spalletti sembra aver trasmesso nei suoi primi 100 giorni. Un anno fa, alla decima giornata, l’Inter galleggiava al decimo posto. C’era De Boer, ancora per poche partite. Oggi c’è Spalletti, un entusiasmo che non si vedeva da anni e un muro che si chiama Milan. Tanto i nomi alla fine sono solo convenzioni.
di Claudio Giambene