Umile, riservato, schietto. Salvatore Sirigu rappresenta una tipologia di calciatore, almeno dal punto di vista caratteriale, ben differente da una consuetudine sempre più pronunciata: non ama i social, occupa il proprio tempo libero allenandosi ulteriormente e rievoca quell'orgoglio di essere italiano che lo ha portato, soprattutto nell'esperienza in Francia al PSG, a tenere ben alta la propria bandiera, come raccontato dal portiere del Torino stesso in un'intervista al Corriere della Sera.
"Chi vuole ha tutti i diritti di utilizzare i social. Ma non credo sia quello il modo per conoscere le persone. Appartengo a un’altra generazione, quella degli sms. Ho un profilo Twitter dal 2010, quando mi era stato chiesta l’autorizzazione per aprirlo, per sostenere un’iniziativa promozionale. Non è gestito da me e io direttamente non ho mai scritto nulla. Conosco tanti colleghi che amano vivere nell’ombra. Altri invece ostentano. E gli stereotipi nascono dall’ostentazione".
"Il tempo libero è relativo - prosegue Sirigu, tra vita presente e passata - e il lavoro non finisce con l’allenamento quotidiano. Prendete Buffon, la sua carriera non è fatta solo qualità grandi tecniche e mentali. Io non ho mai visto Gigi grasso, per esempio. I dettagli non si fermano con l’allenamento. Ci sentiamo, siamo amici. Sono orgoglioso che un uomo come lui rappresenti il calcio italiano all’estero. E ho già ascoltato qualche sua intervista in francese, inizia a cavarsela bene".
Il PSG come punto comune toccato da entrambi: "È una bella esperienza. Ci si sfotte, anche, certo. Tutti ci portiamo dietro dei luoghi comuni, italiani, francesi. Poi scopri le differenze, le sfumature. Vivere a Parigi mi ha aiutato a capire la Francia, le diversità che ci sono tra un bretone e chi magari è nato al Sud. Sono orgoglioso di essere italiano. E sono sardo, appartengo a quella cultura e quella terra. Qualche tempo fa ho letto “Un anno sull’Altipiano”, di Emilio Lussu. Senza il sacrificio della Brigata Sassari, ragazzi che magari non erano mai usciti dalla Sardegna, cent’anni fa la Prima Guerra Mondiale sarebbe probabilmente finita in un altro modo. E oggi sarebbe diverso il nostro paese".
Da Buffon a Donnarumma, affrontato domani in un Milan-Torino dal sapore d'Europa: "È incredibile quanto spazio occupi Gigio e quanto sia esplosivo sul breve: è forte, concreto, ha grandi qualità. Può ancora migliorare tantissimo, come tutti. Vale per Perin, come per me. Mattia ha doti tecniche a caratteriali. È stato straordinario nell’affrontare gli infortuni e ripartire. Sta conquistando quello che merita".
Spazio al suo Toro e a Mazzarri, poi: "Possiamo e dobbiamo migliorare. Stiamo però trovando un equilibrio che in passato ci mancava. Mazzarri? Non sapevo che avesse avuto un malore, ci siamo preoccupati. Con lui si è creato un legame d’affetto. Sa essere anche molto duro, a me va bene così. E ai più giovani dico: “gli insegnamenti di questo allenatore serviranno per tutta la carriera”. Con il perbenismo non si cresce, con la sincerità sì".
In chiusura, un pensiero sulle scomparse di Astori e Mondonico: "Sono stati due momenti difficili: come un pugno, che ti sveglia e allo stesso tempo ti addormenta. Con Davide lo conosco da quando avevo 17 anni, siamo cresciuti insieme, spediti in prestito alla Cremonese di Mondonico. Parlavamo sempre del mister, di quando io “rispondevo” alle sue critiche buttando i palloni fuori dal campo d’allenamento. Per me, come per molti ragazzi della mia generazione la morte di Davide è stato un colpo, qualcosa che non riesco ancora a spiegarmi. Ci penso ogni giorno. Questo mi rattrista e allo stesso tempo mi spinge ad andare avanti. Davide era una persona straordinaria, da ogni punto di vista. Una vita così bella, distrutta all’improvviso. È un «magone» che non passa. Ora spero che Davide e Mondonico siano insieme e si facciamo una bella risata. Pensando a un povero deficiente che è rimasto qua".