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Data: 12/11/2016 -

La sua Lazio, Lotito e il fratello Pippo. Simone Inzaghi: "Derby? Vorrei vincerlo, ma niente Fontanone..."

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"Ero al mare con la mia famiglia, mi trovavo a Formentera. La sera in cui si giocava Italia-Germania mi telefonò Lotito, mi disse che con Bielsa c’erano problemi. E che se ce ne fossero stati altri mi avrebbe voluto come allenatore della Lazio: casa mia, sono qui da 17 anni, ho due figli nati a Roma, sono laziali, gli dissi di sì. Fosse successo da altre parti ci avrei pensato, alla Lazio no. Quando Lotito mi ha richiamato, ho subito accettato". E via con il primo aneddoto di un'estate tanto bella quanto inattesa, capace di regalargli nuovamente (nonchè definitivamente) la panchina della Lazio: per Simone Inzaghi gli ultimi mesi sono stati, definiamoli così, quantomeno particolari. Ma la soddisfazione di poter essere scelto come guida di una Lazio al momento gestita in maniera eccellente non può che aumentare la felicità di chi, per anni, ha forse un po' vissuto nell'ombra del fratello Filippo: "Non è un problema dire Inzaghino - racconta Simone ai microfoni del Corriere dello Sport - Mio fratello Pippo è stato, credo, il più grande attaccante italiano di tutti i tempi, ha infilato record su record. L’unica cosa che mi dava fastidio era sentir parlare dalla stampa di sogno Sampaoli e di sogno Bielsa. Non lo meritavo. Sono qui da 17 anni, a volte la gente si lamentava di non avere laziali dentro Formello, ho fatto sette partite non facilissime dopo un derby perso e la contestazione dei tifosi a Norcia".

Dalla panchina a Keita, tra i simboli di questa nuova Lazio: "In una partita secca, con la mentalità di adesso, ce la giochiamo con tutte. Keita? Ha vissuto un’estate difficile, gli offrivano tre o quattro volte l’ingaggio che percepisce adesso, sono stati due mesi turbolenti. Ho provato ad accompagnarlo: ritengo sia un giocatore imprescindibile, è un ragazzo di vent’anni, nemmeno nella mia grande Lazio ho visto uno con le sue doti. Trovo sbagliato scendere in campo con il mercato aperto, lavori e poi ci sono giocatori che vanno in un’altra squadra. Il mercato sarebbe opportuno chiuderlo a luglio quando si va in ritiro. Il suo rinnovo? Non ne ho ancora parlato con il calciatore, con Lotito e con Tare". Keita che, pur con tanta esperienza in più, fa parte del gruppo giovani della Lazio: "Con il settore giovanile abbiamo fatto molto bene, quando hai giocatori importanti devi inserirli nel modo giusto. Alcuni erano in prima squadra. Parlo di Lombardi, Murgia, Prce, Strakosha. Li conoscevo. Lombardi è stata una mia richiesta al ds Tare, sugli esterni eravamo corti. Ho detto: “Portiamolo in ritiro e vediamo”. Murgia sarebbe stato tenuto in rosa, era già stato deciso. Gli altri dovevano andare a giocare. Stanno dimostrando di essere alla pari degli altri. Lombardi è entrato benissimo, Murgia sta crescendo, Strakosha aveva avuto qualche problema a Salerno, è venuto in ritiro, quando non c’era Marchetti ho pensato di metterlo in campo. Lo stesso Prce, che ha giocato appena dieci minuti, è un ragazzo che merita".

Tra le tante sfide giocate con le big, manca ancora il derby: "Tutti mi parlano della partita. So cos’è, ho avuto soddisfazioni con la Primavera, ho vinto la finale di Coppa Italia all’Olimpico. Ora vedo tanti di quei ragazzi della Roma in serie A e i nostri un po’ meno. Sono state grosse soddisfazioni, ma eravamo con i ragazzi. E’ normale pensarci, da allenatore devo cercare di lasciare fuori le emozioni. Il derby sono due partite, un campionato a parte. Me ne ricordo tanti, l’unico cruccio è non aver mai segnato. Ricordo quello dello scudetto giocato da unico attaccante, procurai la punizione del gol di Veron e l’assist per Nedved. Ne ricordo un altro, sul 2-2 presi un rigore, atterrato da Zebina, avrei voluto calciare, ma toccò a Mihajlovic e se lo fece parare. In un altro mi fratturai il braccio per un calcio di Samuel, ho ancora la placca e le viti nel braccio. Mi piacerebbe vincere, cosa farò non lo so. Ho sempre detto che il desiderio era allenare la Lazio e vincere un derby nel mio stadio. Se mi getterei nel Fontanone come fece Delio Rossi? No. Fa freddo. E Delio aveva il fisico". Da allenatore, tanti anche i modelli: "Ho cercato di prendere da tutti, Materazzi mi ha dato la svolta, e ci ho messo idee. Bisogna avere conoscenza per gestire il gruppo. Con i ragazzi te la puoi cavare, già in Primavera se gli dici mezze bugia se ne accorgono, con i grandi è impossibile. Quando siamo andati a Palermo ho spiegato ai ragazzi che non chiamerò nessuno per dirgli perché non l’ho scelto. Rinnovo? Non ne abbiamo parlato perché siamo stati impegnati tanto: nel calcio è facile passare da un eccesso all’altro, oggi fai bene, domani non fai bene. Ho il contratto con alcune clausole, si rinnova automaticamente. Ora il contratto è l’ultima cosa a cui penso. Sono concentrato nel tour de force sino a Natale. Se andrò in Europa resterò senz’altro, sappiamo che è difficile arrivare tra le prime cinque, questa Lazio può cercare di farcela. Sono cose che si vedranno a suo tempo. Non nego che in estate, quando mi chiamò il Crotone e volevano conoscermi, per correttezza informai il presidente. Gli dissi che dovevo incontrarli il giorno dopo, lui me lo proibì. Se non rimani alla Lazio, disse e forse aveva già qualche sentore, allenerai la Salernitana. Il viaggio da Simeone a Madrid? Gli ho detto al telefono: “Mi piacerebbe venire a vederti”. Mi ha richiamato dopo pochi giorni. Sono andato ad Atletico Madrid-Psv di Champions e un paio di allenamenti. Ho ritrovato il Simeone che avevo lasciato. Intensità. Durante la settimana la sua squadra è come la vedi in partita, non lascia spazio agli avversari. Se uno gioca due finali di Champions significa che ha qualcosa di magico, è un allenatore che trascina".

Poi, il capitolo Immobile: "Che facesse gol lo prevedevo, l’ho voluto a tutti i costi, come lavora mi ha sorpreso. Ciro sin dal primo giorno si è messo al servizio, se gli chiedo di andare sui mediani avversari lo fa, corre quanto un centrocampista. E’ ancora giovane, ha vinto la classifica marcatori con il Torino, ha ampi margini di miglioramento. Se gioco a due, a tre, a uno per lui non è mai un problema. Ritengo giusto che in questo momento sia il centravanti della nazionale. Scudetto? Non penso ci siano dubbi. Lo vince la Juve, però ho visto nel Napoli una gran bella squadra". E il rapporto con Lotito? Lo sento sempre con tantissimo entusiasmo. E’ normale, ha vissuto una stagione bellissima due anni fa e poi l’anno scorso è andata male. E’ un presidente che vuole essere informato e sapere cosa succede. Mi chiama quasi tutte le sere, a volte sto già dormendo, non si è mai permesso di chiedere chi gioca. Così come Tare. Con Igli c’è un’amicizia che va al di là del calcio. Lui, a differenza di Lotito, è sempre con noi, percepisce le situazioni, non si è mai permesso di entrare nel lavoro".

Da inizio intervista al termine della stessa, si torna a parlare del fratello Pippo: "Al Milan ha fatto quello che poteva. Come Mihajlovic. Ha fatto il suo percorso, avrebbero dovuto dargli la possibilità l’anno dopo. Ci sono stati altri bravi tecnici come Seedorf, era qualcos’altro che non andava. Pippo poteva aspettare. Lo volevano in B, l’ha chiamato il Venezia senza casting. Puoi venire a firmare, non a parlare, gli ha detto Perinetti. Da vecchio volpone, lo voleva a tutti i costi. Lo sento entusiasta, ha voglia di lavorare, sta facendo bene. Abbiamo già avuto tutto quello che volevamo, siamo cresciuti con il pallone sotto il braccio, abbiamo vinto scudetti, lui è il primo giocatore italiano e io il quinto per i gol in Champions. Zoff ci ha convocato, ma Trap ci ha fatto giocare insieme in Inghilterra con la nazionale, stiamo facendo il lavoro che volevamo. Più di così non si può chiedere".

Tags: Lazio



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