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Data: 13/01/2018 -

Serie A, approfondimento infortuni: “più ti alleni e più perdi". La scienza del riposo dimenticato

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Il turnover non basta, anzi…


Continua Tozzi: “Un turnover sensato è quello dell’Atalanta. Gasperini infatti cambia pochi giocatori a partita, massimo 3. Il tutto senza stravolgere la squadra e mischiando pedine che non hanno mai giocato assieme in gare ufficiali. E anche se un turnover massiccio funzionasse, non avrebbe comunque senso far giocare 2/3 volte l’anno una squadra formata da riserve. Si trascurerebbero solo delle partite, come purtroppo accade in Coppa Italia, rischiando di perderle. È in settimana, invece, che il riposo e lo stacco dal campo dovrebbe essere massiccio. Addirittura in Premier League, nonostante i due giorni di riposo a settimana (in Italia solo 1) tutti si stanno lamentando dei troppi infortuni e problemi fisici”. Emblematiche a tal proposito le ultime dichiarazioni di Guardiola: "Troppe gare ravvicinate, così per i giocatori è un disastro". Figurasi poi se ci si allena tanto in settimana. Queste lamentele come detto arrivano dall’Inghilterra, dove comunque le squadre godono di un giorno di riposo in più a settimana rispetto alla nostra Serie A. E ancora: Se si hanno pochi giocatori da far ruotare non è comunque impossibile fare turnover moderati, anzi. Il caso dell’Atalanta è l’esempio vincente. Ma, come detto, è il riposo in settimana che fa davvero la differenza. Perché rinunciare ai giocatori più forti della squadra alla domenica o in Coppa Italia? Ovviamente sono i giorni prima della partita che dovrebbero fare la differenza. Far riposare i calciatori esclusivamente durante la partita ufficiale – rischiando quindi di perderla – non rappresenta nulla. Il vero tournover è quello della settimana: ovvero dando dei permessi, puntando ad un allenamento di stretching e recuperando energie, facendo fare la seduta della crioterapia. O comunque tutti quei mezzi per recuperare”. In effetti, alla luce della classica cultura del lavoro e del sudore, fa specie pensare al volume troppo alto di allenamento come principale causa degli infortuni sportivi. Tuttavia, oltre a quanto detto sopra riguardo la sentenza della biologia umana, è un attimo capire come un calciatore possa oltrepassare i propri limiti fisici: “dal lavoro atletico giornaliero, magari in doppia seduta, magari con i gradoni, contando le tre partite settimanali tra campionato-coppa europee-coppa italia-amichevoli è ovvio che i km percorsi, fatti in prevalenza di scatti, senza mai riposare, possano solo provocare affaticamenti e traumi”. Anzi, “l’infortunio è il modo del nostro organismo per dirci che ci stiamo allenando troppo. Non potendo dircelo a voce, “manda” il dolore a qualche muscolo e/o articolazione a comunicarcelo, quasi a farci capire: “adesso ti faccio fermare per forza cosi non insisti a correre ancora”. Le sessioni quindi, soprattutto quelle a stagione in corso, non devono essere dure, ma semplicemente efficaci. Ah, non è tutto da buttare, perché esempi di preparatori atletici vincenti ce ne sono – in particolare all’estero. In Italia, però, nella maggior parte dei casi gli allenatori non tengono minimamente conto dei limiti della fisiologia umana. Lavoro, lavoro e ancora lavoro. Sempre e comunque. “Nonostante tutte le prove, in pochi cercano di ascoltare il corpo dei giocatori, eppure sarebbe una scelta davvero vincente. Quella del duro lavoro sul campo, del lavoro fisico, è davvero una scusa ridicola”. Di mezzo, certamente, ha un ruolo chiave la genetica e il fisico del giocatore in questione.



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Tags: Serie A



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