La voglia di non arrendersi e di poter scendere ancora una volta in campo ha avuto la meglio. Andreas Schicker ha portato a termine una battaglia lunga sedici mesi ed è tornato ad essere un giocatore professionista, il primo nella storia del calcio ad esserlo con una protesi. Tutta colpa di un petardo, che lo ha costretto a perdere la mano nel novembre 2014 e che di fatto aveva terminato la sua carriera da calciatore. Per il terzino austriaco si erano aperte le porte della panchina al Wiener Neustadt, dove è rimasto seduto fino a pochi giorni fa al fianco di Günter Kreissl, nel ruolo di vice allenatore. Quel ruolo, però, gli stava troppo stretto, e quando il 31 ottobre scorso è arrivato il via libera della Fifa per riprendere l’attività agonistica, Schicker ha fatto di tutto per ritrovare la condizione. Una corsa contro il tempo fino all’ultimo weekend e allo scontro salvezza in Erste Liga con l’Austria Salisburgo.
Si è appena concluso l'intervallo, quando Kreissl decide di metterlo in campo. Schicker sistema la protesi e si sveste della tuta. Entra in campo e, quando lo speaker pronuncia il suo nome, parte la standing ovation da tutto il MyPhone Austria Stadion: un secondo esordio difficile da dimenticare, dopo oltre un anno di battaglia. La partita finirà 2-2, un punto che permette al Wiener Neustadt di rifiatare in classifica, ma dalla trasferta di Salisburgo arriva la certezza di poter contare su un uomo in più per tutto il resto della stagione. Un segnale per chi, come lui, ha dovuto fermarsi dopo incidenti simili.
Il pensiero va a Julio Gonzalez, centravanti del Vicenza nel 2005, costretto a vedersi amputare un braccio dopo un incidente stradale. Nel suo caso, la Fifa non diede l’ok per giocare a livello professionistico con una protesi, ma la passione è stata comunque più forte di un mancato via libera. E lui, che solo un anno prima aveva conquistato una medaglia d’argento alle Olimpiadi di Atene con la nazionale del Paraguay, tornò in patria per giocare col Tacuary. Tre presenze, nessun gol, ma la consapevolezza di aver chiuso i conti col destino, anche se quella protesi non gli ha mai dato la possibilità di proseguire la carriera.
Di protesi, infine, non ha avuto bisogno Hector Castro, che come Schicker ha perso una mano, ma senza di essa è arrivato addirittura a vincere il Mondiale. El Manco, così come lo chiamavano tutti in Uruguay, è stato infatti uno dei perni della Celeste che vinse la Copa America nel 1926, l’oro olimpico di Amsterdam nel 1928 e, soprattutto, il primo mondiale della storia, organizzato proprio in casa nel 1930. Nella finale contro l’Argentina realizzò pure la rete del definitivo 4-2, quella che sancì il successo uruguaiano al Centenario di Montevideo. E lui, che nelle foto di gruppo “nascondeva” il suo braccio privo di mano, poté alzare la coppa del Mondo, tredici anni dopo l’incidente avvenuto in falegnameria.
di Benedetto Giardina