Tutti pazzi per Patrik Schick. Le grandi corteggiano il bomberino ceco, la Sampdoria cerca di blindare il suo gioiello, lui si gode la scena. Ventuno presenze tra coppa e campionato, 8 gol e 1 assist e prestazioni sempre più convincenti hanno spinto l'Inter a convocare il suo agente per avere maggiori informazioni. In campo lo conoscono tutti adesso, ma qual è la storia di Patrik? L'ha raccontato lo stesso numero 14 della Samp nel corso di un'intervista concessa a Tuttosport:
"Sono un ragazzo normale a cui piace tanto il calcio. Ho iniziato a cinque anni nella squadra di un paesino vicino a Praga. Ero partito come centrocampista centrale, ma non ero granché in quel ruolo soprattutto nel difendere. Per mia fortuna però ho cominciato a segnare tanto e allora, quando avevo 8-9 anni, mi hanno spostato davanti. Ci sono due persone a cui devo molto e che tratta noi miei interessi. Si tratta di Ivo Taborski e Pavel Paska che mi seguono da quando avevo 12 anni. Credo enormemente in queste due uomini e seguo i loro consigli. Poi sono sempre stato aiutato dalla mia famiglia che mi ha sostenuto in tutto. Mia mamma, Ivetta, non credevache potessi diventare un calciatore professionista mentre mia sorella Cristina,che fa la modella ed è più famosa di me, mi segue costantemente".
Pallone sì, ma anche libri: "Ovvio. Ho frequentato illiceo, mia mamma voleva che concludessi questo ciclo di studi. Ora conosco bene l'inglese e il tedesco.Spero di impadronirmi presto anche dell'italiano, lingua non facile. Continuare? No, questo sport è troppo coinvolgente. D'altronde io ho capito a 9-10 anni che il calcio sarebbe diventato il mio mondo, cioè il posto dove volevo stare. Ma è difficile imporsi. Lo scatto c'è stato quando ho compreso che il calcio non era più solo un divertimento ma che poteva diventare un lavoro. E questo bisogna capirlo in fretta... Aumentano gli allenamenti, i carichi di lavoro, le responsabilità. Io con i miei compagni di allora, allo Spartak, parlavo poco. Sono un '96 e in quel gruppo il più giovane, dopo di me, era un 92'. Insomma, esistevano almeno 4 anni di differenza... Ma ho imparato tanto".
Sulla scelta di venire in Italia: "Ho scelto io la Samp e quindi di venire in Italia. Potevo restare allo Sparta o accettare altre offerte dall'estero. Mi ha convinto il progetto che si intende portare avanti qui. E' stata una scelta difficile e travagliata. Poteva andare bene o male, c'era un 50% di rischio. E' stata una scommessa con me stesso. Quando l'ho detto a casa è successo di tutto. Mia mamma si è messa a piangere, non voleva che lasciassi Praga. Poi, piano, piano, tutto s'è acchetato e io ho firmato per la Samp. Ma sono sempre in contatto con i miei parenti, soprattutto con mia mamma. A parte i soliti problemi che uno straniero incontra quando espatria, tipo aprire un conto concorrente, cercare un casa... non ho incontrato particolari difficoltà di ambientamento. Beh, la lingua è un serio ostacolo, ma studiando... Qui ho pure imparato a mangiare bene: pesce, gnocchi con il pesto! E poi con me c'è la mia fidanzata Hanna".
Serie A? Un mondo diverso: "Il vero problema è stato il campo. Qui si gioca un calcio totalmente diverso rispetto a quello che si pratica in Repubblica Ceca. E' più tattico e tecnico. E pure più veloce. Nei miei primi due mesi ho sofferto nell'integrarmi nel tessuto della squadra. Mi hanno aiutato tanto Ivan e Skriniar: parlano la mia stessa lingua. Ma ho lavorato duro e adesso mi sento migliorato sotto tutti i punti di vista. Per esempio: penso e agisco molto più rapidamente. Ma nel complesso credo di aver acquisito valori aggiunti che prima non possedevo. Giampaolo? Lui è il boss, il capo del gruppo. Le sue decisioni non si discutono, si applicano. Sta insegnando tantissimo a tutti noi e se siamo in crescita il merito è soprattutto suo. Gioco poco e segno tanto? Ma io faccio il possibile per entrare, figurarsi poi per far gol...".
Sull'interesse dei grandi club: "Naturalmente fa piacere essere apprezzati anche al di fuori della propria squadra. Sono lusingato, ci mancherebbe, come tutti gli altri giocatori nelle mie condizioni. Ma questo non è il mio lavoro, se ne occupano i miei agenti. Io penso solo alla Samp. D'altronde qui mi trovo benissimo. Il fatto poi che tanti ragazzi di altri Paesi si siano ritrovati nello stesso gruppo ha favorito l'integrazione dato che la partenza è stata comune. Basta vedere come in partita ci aiutiamo l'uno con l'altro: questa comunione d'intenti è sintomo della grande intesa che c'è nello spogliatoio. Il prossimo anno, con alle spalle l'esperienza di un campionato, sono sicuro che faremo ancora meglio e che otterremo importanti risultati".