Fa uno strano effetto vederlo di nuovo in maglia blu, vero? Perché, diciamoci la verità, nessuno fino a qualche mese fa avrebbe immaginato un Wayne Rooney lontano dal Man Utd. Era logico aspettarsi che il recordman di gol (253) coi Red Devils terminasse lì una carriera leggendaria condita da 5 Premier, 3 Coppe di Lega, 6 Community Shield, una FA Cup, una Champions, una Europa League e un Mondiale per club. Invece così non è stato. Rooney - Everton 2.0: ci siamo. E forse è proprio Rooney il meno sorpreso di tutti. Complice anche un rapporto mai sbocciato con Mourinho e la poca continuità avuta nella scorsa stagione, Wazza ha fatto la sua scelta. Voleva tornare protagonista. All’Everton. Perché non avrebbe mai potuto vestire un’altra maglia se non quella dei Toffees, lui che si è sempre dichiarato loro super tifoso. “Ho sempre detto che se avessi lasciato il Manchester United sarei andato solo all’Everton. Non avrei mai giocato per un’altra squadra di Premier League”. Nonostante l’attaccante inglese e la tifoseria dell’Everton si fossero lasciati non proprio nel migliore dei modi. Dopo il passaggio alla Utd infatti, per diverse stagioni Rooney venne preso di mira ad ogni ritorno a Goodison Park. I suoi ex tifosi erano rimasti delusi dal fatto che, dopo aver mostrato la maglietta “una volta un blue, per sempre un blue” in seguito al gol all’Aston Villa nel 2002 durante la FA Youth Cup, si fosse contraddetto passando allo Utd. Tuttavia il rapporto negli anni si è disteso sempre più grazie all’affetto dimostrato dal giocatore verso la squadra in cui è cresciuto, venendo addirittura paparazzato più volte a Goodison Park da spettatore insieme alla sua famiglia. Ora a Goodison Park invece, 13 anni dopo, farà ritorno da protagonista. “Durante l’estate ho pensato molto a dove avrei giocato. Ho parlato col mio agente: ‘Ascolta, devi contattare l’Everton e vedere cosa può succedere’. Disse che sarebbe stata una cosa fattibile così gli ho chiesto di parlare col club e far sì che ciò accadesse più velocemente possibile. È incredibile. Ad essere onesto, non potevo dirlo ma negli ultimi 13 anni a casa sia io che i miei bambini abbiamo sempre usato il pigiama dell’Everton. Ma… non potevo dirlo apertamente”. L’Everton riabbracciato da Rooney però è tutt’altra storia rispetto a quello che l’ex Utd conobbe e che proprio grazie alla sua cessione nel 2004 riuscì a far parzialmente fronte ad una grave crisi finanziaria. Ora i Toffees sono una società ambiziosa e potente. Ricca. Tutto merito del nuovo azionista di maggioranza a partire da febbraio 2016, Farhad Moshiri, businessman miliardario di origine iraniane che, dopo aver fallito l’assalto all’Arsenal, ha investito subito 200 milioni di Sterline nell’Everton. Già 90 invece quelle spese per 5 giocatori in questa sessione di mercato prima dell’arrivo di Rooney: Pickford, Klaassen, Sandro Ramirez, Keane e Onyekuru. E non sembrerebbe affatto finita. Per comprendere l'impatto avuto da Moshiri, basta pensare che appena 3 mesi dopo il suo approdo tra i Toffees, col club dodicesimo in Premier, decise di sostituire il manager Roberto Martinez identificando subito Ronald Koeman come successore ideale, promettendogli ingenti investimenti. La filosofia del vecchio Everton era ben precisa: vendere per comprare. Diametralmente opposta a quella di Moshiri: comprare per vincere. “Non vogliamo essere un museo, dobbiamo vincere!”. Ha addirittura messo in preventivo la costruzione di un nuovo stadio a Bramley Moore. Insomma, insieme a Koeman – e Steve Welsh, il Director of Football arrivato all’Everton dopo aver costruito il Leicester campione d’Inghilterra -, Moshiri ha rivoluzionato il club nel giro di 18 mesi. E il colpo Rooney ne è l’ennesima prova: l'ormai ex Utd non avrebbe mai potuto sposare un progetto tutt’altro che ambizioso. Come ribadito da Ronald Koeman stesso: “L’abbiamo voluto per sua esperienza, ambizione e mentalità vincente” e perché “ama l’Everton e voleva tornare ad ogni costo. Ha ancora 31 anni e non ho dubbi sulle sue qualità”. Potrà inoltre far da chioccia ai giovani talenti prodotto dell’Academy e non solo come Davies, Lookman, Holgate e Calvert-Lewin, tra i tanti. E anche se rivederlo con quella maglia blu fa uno strano effetto, forse per Rooney tornare dove tutto cominciò quando nel ’96, a soli 9 anni anni, vestì per la prima volta la maglia dell’Everton, è stata la scelta più giusta. Perché è impossibile chiedere ad un talento come il suo di non essere protagonista. "Non sto più nella pelle, non vedo l'ora di iniziare. Sono sicuro di poter dare una grossa mano". Ci siamo, l'avventura di Rooney all'Everton sta per cominciare. Di nuovo.
(Foto: profilo Twitter @Everton)