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Data: 05/11/2016 -

Sampdoria, Giampaolo: "de Boer? Aveva bisogno di tempo, ma in Italia vogliamo tutto e subito"

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Nel 2010 è stato a un passo dalla Juventus, la scorsa estate vicinissimo al Milan, ma la fortuna ha sempre voltato le spalle a Marco Giampaolo nel momento decisivo. Ci ha fatto l'abitudine ormai l'allenatore di Bellinzona: tanti complimenti ma poca sostanza. Gli è andata comunque bene, ha ricominciato dalla Sampdoria, dopo la bella stagione ad Empoli, e adesso cerca di costruire qualcosa che duri. Un po' quello che non è successo nell'Inter con de Boer:

"Frank viene da un calcio filosofico" - si legge nelle pagine del Corriere dello Sport -"Dal calcio olandese si può attingere tanto. Quello è un calcio filosofico, è un calcio estetico, lì c’è una ricerca del bello unita poi al risultato. Io credo che lui probabilmente si sia confrontato invece con un calcio molto tattico, molto attento ai dati a breve. Però quella gente conosce il calcio e credo riesca a capire le dinamiche di un paese diverso, il diverso rapporto tra qualità e risultato immediato che esiste in Olanda e in Italia. De Boer aveva bisogno di tempo, ma in Italia il tempo non c’è. Tutto e subito". Giampaolo torna sull'episodio che lo ha visto allenatore della Juventus per una notte: "Ho avuto un paio di colloqui. Pensavo si potesse concretizzare, però, in fondo, la ritengo non una occasione mancata ma una opportunità creata dal lavoro. Perché poi comunque sono ripartito. Ho conosciuto l’oblio, per una fase, ma sono ripartito".

Primo discorso alla squadra? "La prima cosa che faccio è gettare a terra dieci pettorine, quelle da allenamento. Poi dico a un giocatore a caso di scegliere i dieci compagni che dovranno giocare la domenica in campionato. Tutti, ovviamente, si rifiutano di farlo. Mi serve a spiegare fattualmente la difficoltà, la durezza del mio lavoro. E poi dico loro che se sono lì per aggiungere uno zero al conto corrente hanno sbagliato indirizzo. Il calcio è arte. Il calcio moderno è il conflitto permanente tra sacro e profano, tra la bellezza, quasi infantile, del gioco e la ruvidità del business". Sono due in particolare i giovani italiani che Giampaolo vorrebbe in squadra: "Un nome? Mi viene in mente Bernardeschi ma di giocatori di talento ce ne sono tanti. Mi piacerebbe Verdi del Bologna". Giampaolo è stato anche un "allenatore in campo". In panchina ne ha incrociati altri due: "Ricordo Fabio Gallo, ex Atalanta, quando ero a Treviso. Conti al Cagliari. Il figlio di Bruno".

Ecco come nasce un buon allenatore: "Io avevo il vizio di scrivere, di allenarmi, di tornare a casa e di prendere appunti. Scrivevo tutti gli allenamenti che facevamo e non mi fermavo a questo perché volevo anche sapere il perché di quell’allenamento, il perché di quelle indicazioni tattiche, il perché di quel lavoro fisico. Non avevo la chiave per entrare e il primo allenatore che mi ha invece aperto alcune porte è stato Sonzogni. L’ho avuto quando giocavo a Siracusa e da lui ho imparato molto. Successivamente ho girato, sono andato a guardare gli allenamenti degli allenatori che più mi affascinavano, mi incuriosivano. Ho seguito molto Delneri, Spalletti, Prandelli: quelli che probabilmente ritenevo un po’ più vicini al mio modo di pensare. Il grande maestro è stato Arrigo Sacchi perché ha aperto un modo di pensare nuovo. Quindi ho ammirato il Milan e quando ho avuto la possibilità di poterlo fare sono andato a guardare i tecnici che più si avvicinavano a quella idea di gioco".

Momento da rivivere? "Quando ho iniziato ad allenare. Ho cominciato a Giulianova e avevo trentuno anni. Adriano Buffoni, che era allora allenatore del Giulianova, mi disse 'Vieni a lavorare con me. Ti faccio lavorare sul campo. Fai quello che vuoi, sviluppa le tue idee e poi ne rispondo io'. Mi stava dando una grande possibilità: poter sviluppare le mie idee di trentenne che studiava, si documentava, cercava di sviluppare qualcosa di nuovo. E lui me lo fece fare, fidandosi completamente di me. Non posso e non voglio dimenticarlo. Abbiamo fatto un anno straordinario, non mi ha mai detto questo sì questo no. Aveva assoluta fiducia e quella è stata una grande opportunità che poi mi ha permesso di arrivare dove sono arrivato".

In chiusura d'intervista Marco Giampaolo dà un consiglio a tutti i giovani calciatori: "Un bambino deve prendere un pallone, calciare e divertirsi senza pensare a nulla. Il calcio è divertimento. Il calcio è un sogno, è una passione e devi sentirlo dentro di te. Devi essere attratto da quell’attrezzo lì. Io ricordo che giocavamo in casa con mio fratello anche senza pallone, attorcigliavamo un po’ di roba e costruivamo un pallone. Se il calcio è divertimento, se ti diverti giocando, rendi ancora di più e fai le cose meglio. Se fai fatica, se per te è pesante, significa che sei saturo, che le situazioni extra calcio sono riuscite a essere più forti della tua passione. Che, alla fine, il profano ha sopraffatto il sacro".



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