Bisogna ammetterlo, con buona pace del vate romano De Gregori: non ci sarà più alcun “Nino” che, al cospetto di Diamante Crispino - pallone posato sul dischetto -, “non avrà paura di tirare un calcio di rigore”. Perché, che tu sia Fischnaller o Bianchimano, quando il caso ti porterà nuovamente di fronte al numero 1 del Siracusa, sarà difficile credere che non sia “da questi particolari che si giudica un giocatore”, sarà difficile non balzare con la mente a Siracusa-Catanzaro dello scorso 28 Aprile. I minuti 65’ e 68’ al De Simone hanno segnato infatti un vero e proprio spartiacque per i giocatori “con la maglia numero 7”, per quei fantasisti e specialisti degli undici metri: per tutti, tra sé e la gioia del goal, ci sarà, d’ora in poi, un Diamante a far ‘brillare’ i loro cuori di (in)sano timore:
"È realmente così - ammette Crispino ai microfoni di gianlucadimarzio.com: il ‘timore’ che riesci a incutere nell’avversario con la tua calma glaciale, è la vera e unica arma per sperare di parare un rigore. È risaputo, infatti, che è sempre l’attaccante a sbagliare: noi portieri cogliamo al volo l’incertezza dello sguardo, la titubanza dell’ultimo secondo nella corsa e, con una buona dose di fortuna, compiamo il miracolo".
Sono ormai passate circa due settimane, la stagione del Siracusa è pressoché finita con l'obiettivo salvezza centrato (sedicesimo posto nel girone C di Serie C). Ma la mente del nostro protagonista è ancora, giustamente, proiettata lì, a quei due rigori parati in rapida successione (a garantire, giustappunto la salvezza aritmetica della propria squadra) che avrebbero portato chiunque - non Crispino! - nelle alte sfere olimpiche, con il rischio elevatissimo di ‘montarsi la testa’; la ‘fama’ conquistata per la doppia prodezza avrebbe sedotto molti, ma il ventiquattrenne Diamante è di tutt’altro avviso:
"Il rischio - perché di rischio si tratta, prosegue Crispino - è appunto quello di non riprendersi dalla ‘sbornia’ dei riflettori cui sei sottoposto, anche giustamente, per aver parato due calci di rigore, parate che hanno consentito alla tua società di centrare l’obiettivo ‘salvezza’. Noi portieri, abituati a vivere tanto la ‘solitudine’ tra i pali quanto la gogna mediatica per ogni minima sbavatura in campo, raramente siamo protagonisti del clamore giornalistico, quello, per così dire, positivo. L’entusiasmo dell’ultima settimana - sorride Diamante - l’ho gustato tutto, ma l’ho subito infilato nei guantoni, per continuare a lavorare con i piedi ben piantati a terra".
Un telefono (ancora) incandescente quello di Crispino che, alzando la cornetta, ha ricevuto i complimenti da tutto lo Stivale... "Anche da Bisceglie, sì, certamente: a gennaio le nostre strade si sono separate, ma non si è rotto il legame stretto con l’ambiente e con i diversi compagni di squadra. La verità - confessa Diamante - è che queste mie ‘prodezze’ nell’ultima partita contro il Catanzaro mi hanno galvanizzato, suscitando in me una duplice forma di orgoglio: da un lato ho potuto mostrare ancora una volta quale fosse il mio valore tecnico e, dall’altro, ho compreso quanto calore umano avessi lasciato in tutte le persone che in questi anni ho incrociato sulla mia strada e che, negli ultimi giorni, non hanno esitato a congratularsi con chiamate e messaggi. È forse questo secondo aspetto che mi rende davvero felice, è questo sentimento che, più dell'applauso fine a se stesso, accende in me la fiamma di un autentico entusiasmo. La ‘massima’ non sbaglia: sempre prima l’uomo, poi il calciatore".
Papà Elpidio - in gioventù anche lui portiere - sarà contento, inorgoglito per aver tirato su un figlio che ha seguito le sue orme non solo come portiere, ma, anche e sopratutto, come ‘uomo’: un uomo dai valori autentici e sani, apprezzati in ogni latitudine: "Da casertano e uomo del sud - racconta Crispino - nel momento di trasferirmi a Como, confesso che qualche remora la ebbi su come sarei stato accolto, su come avrei vissuto, lì, in un posto che - per seguire i cliché - nel mio immaginario era così diverso, culturalmente e socialmente. Proprio a Como - dal 2014 al 2017 - ho trascorso, invece, anni splendidi, in una totale armonia con ambiente e società, imparando che la serietà e il rispetto per il proprio lavoro e quello di tutti sono l’antidoto migliore contro ogni forma di pregiudizio e luogo comune".
Idoli d’infanzia Buffon e Toldo, oggi Diamante considera Oblak come il modello da seguire, da imitare, a 360°: "Di Oblak ammiro l’immensa tecnica che, però, è messa a servizio della squadra, sempre: non grida, non si agita, non fa - come si suol dire - il ‘protagonista’, pur di rubare un passaggio televisivo. In campo è tranquillo e sereno, infonde coraggio e determinazione al reparto come a tutta la squadra. Vederlo giocare è per me una grande fonte d’ispirazione".
Nel solco dei Buffon e Toldo, nell’immagine di Oblak, Crispino vola, tra i pali del Siracusa che, festoso, ammette: "Un Diamante è per sempre!".
A cura di Giovanni Caporale.
Si ringrazia per le foto: Martina Visicale - Gabriele Midolo (Pragma Magazine).