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Data: 03/10/2016 -

'Sai perché mi batte il corazon?' Ho visto...Horacio Erpen: "Mi chiamano Loco e Gaucho. Il Boca, Allegri e l'Arezzo con 'Mosca'..."

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Destro-sinistro, finta a rientrare, poi un’altra e un’altra ancora. Non si ferma Erpen, corre. Trentacinque anni, davvero? Non sembra. E’ un ragazzino, in campo e fuori: gli piace scherzare e soprattutto imporre le sue playlist musicali ai compagni di squadra! Una carriera lunga, lunghissima. Da dodici anni in Italia, che storia! Arezzo l’ultima tappa. Vuole continuarsi a divertire Horacio Erpen, ma soprattutto vuole far divertire. E quel rimpianto chiamato Serie A, ormai sbiadito, attenuato da quella valanga di soddisfazioni che solo l’affetto della gente può regalarti… “E pensate, quest’anno ho segnato anche di testa! Mica male per uno che è 1,70…”. Parla veloce, rapido. “Mica corro solo in campo!”. E sorride, con quel fare tutto argentino. “Capita spesso a questo ‘vecchietto’ di trentacinque anni di ripensare alla sua carriera, alle mille avventura. L’Italia ormai è la mia seconda casa: qui sono nate le mie tre figlie Chiara, Bianca e Maya che insieme a mia moglie Ines sono la mia forza. Senza di loro nulla sarebbe stato possibile. E anche al mio procuratore, Eduardo Ermacora. Ripenso ai momenti belli, a quella promozione magica a Sassuolo. Quando li vedo giocare in Europa League – racconta Erpen a GianlucaDiMarzio.com mi sento un po’ orgoglioso anche io…”. La DeLorean è pronta, Horacio. 3,2,1…un salto indietro nel tempo! “L’aver raggiunto la Serie B con il Sassuolo è stato qualcosa di fantastico. Perché lì era tutto fantastico: la società, la squadra e mister Allegri. Si vedeva già che era un predestinato…e infatti guardate dove è arrivato. Lui si vede che ha qualcosa in più rispetto agli altri allenatori, fa stare bene il gruppo. Con me scherzava molto spesso, mi diceva sempre una frase che ora nemmeno ricordo (ah la vecchiaia, ride) per farmi arrabbiare e per stimolarmi. Diciamo che c’era un grande feeling. Ma in generale con tutti, con Pomini e Magnanelli mi sento ancora. Francesco ha una carica impressionante! Ce l’aveva in C1, pensate ora…”. Il naufragar gli dolce in un mare di ricordi, emozioni. “Credo che nel calcio società come il Sassuolo che hanno così tanto amore e cura per quello che fanno, alla fine vengono ripagate”. Quando parla di Allegri poi, sorride in maniera speciale: “Con noi argentini secondo me ha un feeling particolare. Prima con Tevez, poi anche con Dybala. Si vede che gli piace il nostro carattere…”. E a chi non piace? Molto simpatico Horacio. In campo un po’ meno per i difensori avversari: “Ma sì dai sono un tipo tranquillo, certo poi quando mi arrabbio…”. Ma ha vissuto anche momenti difficili e anzi – ammette – che proprio quelli gli hanno dato la forza di superare ogni difficoltà con dedizione e sorriso. “Nel 2004 quando sono arrivato a Venezia credo che sia stata una delle situazioni più dure della mia carriera. Arrivo in Italia, il grande sogno di ogni sudamericano e lo stesso anno la società retrocede e fallisce”. E’ costretto a ripartire dalla Serie D, dal Chioggia. Che non si dimenticherà mai, se non altro per il coro che gli avevano dedicato i tifosi: “Sai perché mi batte il corazon? Ho visto Horacio Erpen, ho visto Horacio Erpen! Lo stesso di Diego…”. E Diego per gli argentini (e non solo) è un’entità che incarna perfettamente l’apatheia, lo stato di perfezione. Ma la mitica DeLorean decide di portarci ancora più indietro: si ferma al 1998, quando Erpen giocava nel settore giovanile del Boca Juniors: “Divisione sesta, categoria ’81 per la precisione. Eravamo una bella squadra, c’erano Burdisso e Caballero ma non solo. Vincemmo tutto quell’anno, fu un qualcosa di straordinario. Anche se in realtà le attenzioni erano tutte su un ragazzino più piccolo di noi che erano anni che nel settore giovanile del Boca segnava dai 32 ai 36 gol a stagione…”. Dai senza che proviamo a indovinare sennò si sblocca la DeLorean! “Si chiamava Carlos Tevez. Niente male, eh. Ma devo farvi una rivelazione a proposito del Boca…”. Ci pensa un attimo, sorride, non lo diciamo a nessuno, giusto a qualche amico. “Ho sempre tifato e tifo ancora oggi per il River Plate! In pochi lo sanno, ma è così. Praticamente in famiglia ho due zii, uno tifa per il Boca e l’altro per il River. Quest’ultimo è stato più furbo e sono un grande tifoso anch’io. Nulla toglie però che il Boca abbia una tifoseria da brividi e che io quell’anno sia stato benissimo”. Torniamo al presente, all’Arezzo: pensa che coppia con Moscardelli! “No ragazzi, la barba non gliel’ho ancora mai toccata perché non vuole, ci tiene moltissimo. Ma voglio vedere quest’inverno con l’umidità come fa a tenerla così lunga… Con Davide ci sfidiamo in cucina, è bravo per carità, ma il mio asado è imbattibile!”. Ma fate una bella coppia anche in campo eh… “Sì, sì Davide è molto bravo. Vogliamo fare bene, senza fissarci particolari obiettivi. Arezzo è una grande piazza e vogliamo regalare grandi emozioni ai nostri tifosi. Siamo partiti bene, ma c’è ancora tanta strada da fare”. La strada dal campo allo spogliatoio, invece, ci confidano sia sempre caratterizzata dalle tue playlist: “I miei compagni mi massacrano perché, lo ammetto, scelgo sempre io le canzoni da mettere qui al campo. Dal reggaeton a Rino Gaetano che amo, ascolto di tutto. Al primo posto, comunque, sempre la cumbia argentina”. Si commuove quando parla della sua famiglia, sottolinea che è tutto per lui. Racconta della sua città, al confine con l’Uruguay e dei suo soprannomi: “A Sassuolo mi chiamavano Il Gaucho che in argentino significa ‘il contadino’ perché sono nato in una zona di campagna, diciamo così. Poi alla Juve Stabia, dopo che segnai il rigore del 3-2 all’ultimo minuto con il cucchiaio, mi cominciarono a chiamare Il Locho”. Molto solare Erpen, una di quelle persone che ti mette a tuo agio. Parla, spiega, non si ferma…corre! Davvero uno spettacolo questo ‘vecchietto di trentacinque anni’ (come si definisce lui, meglio precisarlo).


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