Una Juventus protagonista in Europa con il "bel gioco" e squadre di serie A che dopo il vantaggio continuino a proporre un calcio offensivo: questo è l'augurio di Arrigo Sacchi per la prossima stagione. Il "mago di Fusignano", nel corso di un'intervista concessa a La Gazzetta dello Sport, ha letto le carte ai top-team della serie A, outsider comprese.
"Diciamo che, se le cose restassero come sono adesso, la squadra di Allegri avrebbe molte, moltissime probabilità di aggiudicarsi il titolo" - dichiara Sacchi - "La società è avanti dieci anni rispetto alle avversarie. L’allenatore conosce perfettamente il calcio italiano: Allegri è un bravissimo tattico. I giocatori, individualmente, sono i migliori. Adesso devono diventare più “europei”, essere più propositivi nel gioco. Le squadre italiane, e la Juve non fa differenza, quando vanno in vantaggio tendono ad arretrare, a chiudersi, a difendere l’1-0. A me, invece, piacciono quelli che continuano a dominare, che fanno il loro gioco indipendentemente dal risultato. In Europa questa filosofia è vincente. Vorrei vederla protagonista in Europa. Ma essere protagonisti non significa soltanto vincere. Vuol dire essere belli, armoniosi, convincenti. E coraggiosi".
Higuain e Pjanic sono i colpi di questo mercato bianconero: "Con questi acquisti la Juve ha preso due grandi giocatori e ha indebolito le dirette concorrenti. Ora vediamo se funzionano. Io, ad esempio, ho una curiosità. Voglio valutare quanto Higuain mancherà al Napoli e quanto il gioco del Napoli mancherà a Higuain. Non è un dettaglio da sottovalutare". Principali antagoniste della Juventus? "La Roma. Spalletti è molto bravo e molto preparato. Ho seguito la partita contro il Porto. Nella prima mezzora la Roma ha dominato. Dopo il gol dell’ 1-0 ha cominciato a tirarsi indietro, poi è venuta l’espulsione di Vermaelen e tutto si è complicato. Ma se Spalletti sistema la fase di non possesso palla, allora la Roma può andare lontano".
Il Napoli è "Tutto da scoprire": "Si parte, però, da una certezza: Sarri. E’ un allenatore bravissimo, anche se i miracoli li fa soltanto il Signore... Diciamo che a livello individuale ha perso qualcosa, però sul piano del gioco può continuare a stupire. Il Napoli è una delle poche squadre italiane che ha uno stile. Significa che, quando la guardo, riconosco la mano del tecnico, ha un’identità ben precisa. A Napoli il salto di qualità deve farlo l’ambiente". Inter e Milan, svolta epocale: "L’Inter ha cambiato società e guida tecnica, e certe cose possono incidere anche sul rendimento dei giocatori. De Boer è un allenatore preparato, ha idee innovative ed è un uomo intelligente. Quando ancora giocava e io facevo il dirigente, lo volevo portare al Parma. Adesso bisogna vedere se avrà a disposizione gli uomini giusti per imporre le sue idee. Però mi sembra che il materiale umano sia di buon livello".
Milan? Impossibile da decifrare: "Montella è in gamba, dà un’impronta molto definita alle sue squadre. I giocatori devono essere umili e disponibili al sacrificio. E tutti dovranno sforzarsi di ritrovare l’orgoglio di appartenenza: sono in una società che ha scritto la storia del calcio, devono esserne felici. Questo è il punto di partenza. Quando allenavo il Milan io cercavo prima gli uomini e poi i calciatori. Sapete perché non ho voluto Borghi che pure era sponsorizzato da Berlusconi? Perché non era un professionista serio. La testa viene prima delle gambe e dei piedi. Gullit, quando c’erano le partitelle di calcio-tennis, non lo voleva nessuno perché era un po’ grezzo? Poi, però, in campo era quello che calciava meglio di tutti. Ancelotti, per imparare il ruolo di regista, veniva all’allenamento due ore prima e provavamo le situazioni di gioco assieme ai ragazzi della Primavera. Questi sì che sono esempi".
Possibile outsider? "La Fiorentina ha Sousa, uno dei migliori allenatori in circolazione. Chiede alle sue squadre di essere padrone del campo, anche se magari i giocatori non hanno le qualità tecniche degli avversari. Questo coraggio mi piace. Se l’Inter assimila in fretta i metodi di de Boer può diventare una mina vagante. E poi ho due pallini, il Sassuolo e l’Empoli. Di Francesco è un tecnico preparato, uno che insegna calcio. E l’Empoli, l’anno scorso, a tratti è stato sontuoso: ha dominato contro formazioni che, in termini di ingaggi e di spese sul mercato, valevano molto di più. Significa che lì è stato fatto un lavoro in profondità. E poi il Sassuolo mi piace perché ha tanti italiani: dobbiamo investire sulle nostre risorse, sia in prima squadra sia nei settori giovanili. Altrimenti dove andiamo a finire?".