La Roma nelle sue mani. Wojciech Szczęsny è tornato, con l'obiettivo di vincere qualcosa di importante in giallorosso e "fare felici i tifosi". Proprio i supporters della Roma sono il primo argomento di discussione di "coso" con il Corriere dello Sport:
"La pronuncia del mio nome? Ve la cavate abbastanza, ma si può fare meglio. Ma non temete. Faticano a essere precisi anche in Polonia. I tifosi mi chiamo "coso"? Va bene così. Tutto quello che è social e non offende, è accettabile. Tifosi della Roma? Sono appassionati e presenti, mi piacciono. Sono diversi, ovviamente, da quelli a cui ero abituato a Londra, dove magari c’è più privacy. Ma sono carini ed educati, quando si avvicinano per una foto. Mi diverto con loro. La cosa più importante è che a Roma non giochi solo per te stesso o per una squadra. Giochi anche per far felice la gente. Il fatto di sapere che un risultato incida sulla felicità delle persone è una motivazione in più per lavorare bene".
Wojciech vorrebbe un Olimpico pieno in occasione del derby: "Sinceramente, non è il massimo per un calciatore. Quando ero all’Arsenal vedevo le immagini del derby romano in tv e mi sembrava fantastico con lo stadio pieno che ribolliva. Mi sarebbe piaciuto giocarli così, con i tifosi che riempiono lo stadio. Perciò mi auguro prima o poi di rivedere l’Olimpico pieno. Nel frattempo però noi dovremo concentrarci sul campo, non sulle tribune. La Roma è più forte della Lazio, che sta facendo un grande campionato e la Roma ha perso qualche occasione. La differenza è di un solo punto, ma dovevano essere di più. Se mi chiedete chi è più forte non ho dubbi, ma dobbiamo dimostrarlo sul campo. Spero che domenica sera i punti di differenza siano quattro. So che la gente ci tiene in maniera particolare. In questo senso, avendo provato Arsenal-Tottenham, posso dire che tutti i derby sono uguali. Sono gare con livelli molto alti di attesa e di adrenalina".
Scudetto ancora possibile per il "numero uno" polacco: "Certamente. Sono tornato alla Roma perché voglio vincere. Mancano ancora tante partite, tutto è possibile. Ma per il momento è meglio pensare al derby. Se lo vinciamo, saremo un passo più vicini all’obiettivo finale. Bisogna fare un passo alla volta, bisogna provare a prendere tre punti in ogni partita. Non voglio pensare troppo lontano, mancano sei mesi alla fine del campionato. Tutti abbiamo questo grande obiettivo. Ma ora conta solo domenica. Tornare all'Arsenal a giugno? Non ho orizzonti temporali così lunghi. Se penso al luglio del 2017 non riesco a concentrarmi su quello che devo fare adesso. Quindi, preferisco vivere il presente".
Differenze tra Spalletti e Wenger: "Sono due allenatori diversi che lavorano in contesti diversi e utilizzano tattiche diverse. In comune però hanno il senso della disciplina, che per entrambi è fondamentale, e l’idea che non tanti tecnici hanno. Insegnare calcio, migliorare i giocatori, oltre a puntare ai risultati della squadra. Mi sono trovato bene con entrambi, mi hanno insegnato moltissimo. Con Spalletti ho imparato a giocare con i piedi. Pensate che in Inghilterra tutti dicevano che con i piedi ero scarso, e io mi occupavo essenzialmente di parare, non avendo il talento di Ter Stegen o Neuer o Van der Sar. Invece qui sono considerato bravo. Il motivo è semplice: Spalletti mi ha fatto capire che non conta la tecnica di base ma la capacità di scegliere la giocata giusta. Ovviamente ho imparato molto anche all’Arsenal, sono arrivato lì giovanissimo".
Szczęsny spiega perché ha scelto nuovamente la Roma: "Perché amo la città, guardate che cielo: il tempo è sempre bellissimo. E perché a Trigoria mi sono trovato bene con tutti. Dallo staff ai compagni. Quando i club hanno raggiunto un accordo per un altro anno di prestito, per me è stato facile decidere. Media? Se vengono scritte cose false, io puntualizzo. Dei vostri giudizi però sinceramente mi interesso poco: se gioco bene o male già lo so da solo, non ho bisogno di leggerlo sui giornali. Mio padre Maciej? Lui ha stabilito un record da noi, vincendo il titolo con quattro squadre diverse. Non so chi sia più bravo però. Lo vedremo alla fine della mia carriera. Mi sono appassionato guardando le sue partite. Ma è stata più mia madre a credere in me, a incitarmi ad andare avanti, ad accompagnarmi agli allenamenti. In realtà da bambino mi piaceva giocare in attacco. Ma ho capito subito che non era aria, con quei piedi...".