La convocazione in Nazionale dopo sei anni e il gol nel derby. Prima, il 3-2 decisivo il giorno dell'addio di Totti. Nel mezzo un tatuaggio: il Colosseo e la “sua” maglia numero 8. Qui c'è tutto il nuovo Diego Perotti. Il ragazzo di cristallo di Siviglia è diventato d'oro. A Roma, ormai la sua seconda casa. Prezioso, decisivo e insostituibile: El Monito pepita giallorossa e albiceleste.
L'argentino sta probabilmente vivendo la sua miglior stagione della carriera. Terzo gol consecutivo, quarto nelle ultime cinque partite. Corre Diego, deve correre. E segna, mai così tanto in così poco tempo da quando è in Italia. C'è da recuperare il tempo perso, il periodo di Siviglia. Quel triennio maledetto dal 2011 al 2014, tormentato dagli infortuni. Un lento declino che sembrava non avere fine. Nell’estate del 2010 il Siviglia lo blinda con una clausola rescissoria di 48 milioni, quattro anni dopo, il 2 luglio del 2014, Preziosi lo porta al Genoa per 350mila euro. Lì la rinascita. Genova, poi un anno e mezzo dopo, la Roma. Un ottimo anno sotto Spalletti, poi nuovamente la discesa. Sei mesi indietro nelle gerarchie, tante panchine, pochissimo campo. Poi quel gol. Proprio contro il Genoa, nel giorno dell'addio di Totti. La svolta, l'ennesima. Da quel giorno di maggio la corsa di Diego non si è più fermata. Sotto le sapienti mani di Di Francesco, vero artefice della sua rinascita e gli occhi felici di quel Monchi che lo portò a Siviglia appena 19enne. Ascesa e caduta. Due volte. Ora la rinascita, insieme. Sotto i colori giallorossi. Perotti, Monchi e l'amico di sempre Federico Fazio. Il trio inossidabile di una Roma inarrestabile.