Rewind Champions 2004: il Porto di Mourinho sale sul tetto d'Europa
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Data: 16/04/2016 -

Rewind Champions 2004: il Porto di Mourinho sale sul tetto d'Europa

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Porto 2004: Vitor Baia, Paulo Ferreira, Jorge Costa, Ricardo Carvalho, Nuno Valente, Pedro Mendes, Costinha, Maniche, Deco (85 Emanuel), Derlei (78' McCarthy), Carlos Alberto (60' Alenicev) All. : José Mourinho

Mercoledì 26 maggio 2004: alla Auf Schalke Arena di Gelsenkirchen, una squadra portoghese torna ad alzare la Champions League dopo 17 anni. E' il Porto di José Mourinho, che sconfigge 3-0 il Monaco. Una squadra portoghese per nove undicesimi che vince una finale a sorpresa, inaspettata; Porto e Monacoavevano eliminato rispettivamente Manchester United, Lione, Deportivo, Lokomotiv Mosca, Real Madrid e Chelsea. "Nessuna delle due squadre vincerà 3-0 o 4-1" disse alla vigilia della finale l'allora 41enne allenatore; per una volta fu felicissimo di sbagliare, con Carlos Alberto (39'), Deco (71') e Alenicev (75') a regalargli la Coppa dalle grandi orecchie dopo il trionfo in Europa League dell'anno precedente contro il Celtic. Andiamo a ricordare meglio quella vittoria storica coi suoi maggiori protagonisti: Vitor Baia, la vittoria della carriera: per il portiere classe 1969, quella Champions League valse il riconoscimento di "miglior portiere d'Europa 2004" da parte dell'Uefa. Non solo, Vitor Baia entrò tra i calciatori vincenti in tutte e tre le maggiori competizioni europee (Coppa delle Coppe nel 1997 col Barcellona, oltre all'Europa League col Porto dell'anno precedente). Coi colori biancoblu impressi sulla pelle e la maglia numero 99, anno del suo ritorno al Porto dopo la sofferta esperienza al Barcellona, Vitor Baia conquisterà ancora la Coppa Intercontinentale, una Coppa e Supercoppa di Portogallo e altri due titoli nazionali, fino al ritiro, nel 2007, dopo 700 presenze col club. Dal "portismo" innegabile, per tre anni è stato dirigente dei "Draghi", fino a definirsi, di recente, "disponibilissimo" per la presidenza, criticando fortemente la gestione di Pinto da Costa. Jorge Costa, il capitano: originario di Porto, l'allora 32enne difensore suggella la sua carriera nella sua penultima stagione in biancoblu. Pilastro centrale dal fisico possente, è ricordato dai tifosi milanisti per la testata ricevuta George Weah dopo un acceso Porto-Milan di Champions League nel 1996. Nel 2005 si trasferisce allo Standard Liegi, in cui giocherà una sola stagione prima del ritiro dal campo. Per Costa segue una fitta esperienza di allenatore, che culmina nel 2012 con la vittoria del campionato romeno con il Cluj. Dal 2014, è ct della selezione del Gabon. Deco, il numero 10: nato come centrocampista centrale, Mourinho lo valorizza anche come trequartista. Alla sua quinta ed ultima stagione coi "Draghi", il brasiliano segna poco ma contribuisce alle vittorie con una classe innata e innumerevoli assist. "Nel mondo solo Figo ha la sua classe" disse di lui Mourinho. Sua la rete del 2-0 che piega le gambe ai monegaschi; classe 1977, passerà prima al Barcellona, poi al Chelsea, prima di chiudere la carriera calcistica nel 2013 con la Fluminense. Dmitri Alenicev, l'impronta sul trionfo: conoscenza del campionato nostrano (Roma e Perugia tra il 1998 e 2000 senza lasciare tracce notevoli), l'esterno sinistro russo è decisivo nella vittoria di Gelsenkirchen. Subentrato a Carlos Alberto al 60', serve a Deco l'assit per il raddoppio, prima di suggellare la vittoria con una rete da attaccante puro. Alenicev aveva già segnato nella finale di Europa League nel 2003 contro il Celtic: un' "impresa" che il russo condivide solo con Steven Gerrard. Classe 1972, nell'estate 2004 ritorna allo Spartak Mosca, squadra in cui termina la carriera due anni più tardi. Allenatore, prima della Russia Under 18, poi della squadra turca dell'Arsenal Tula, è da un anno sulla panchina del suo Spartak Mosca, nobile decaduta del calcio russo. Carlos Alberto, la sorpresa arrivata dal Brasile: giunto alla corte di Mourinho a inizio 2004, il giovane classe 1984 fu preferito al cannoniere sudafricano McCarthy nell'undici iniziale. E' lui a sbloccare il confronto sul finire del primo tempo con una rete che unisce opportunismo e pregio. Resta in biancoblu solo una stagione, tornando in Brasile (al Corinthians) poco dopo aver conquistato la Coppa Intercontinentale contro i colombiani dell'Once Caldas (suo uno dei rigori messi a segno dopo lo 0-0 al 120'). Dopo un ritorno di poco successo in Europa, al Werder Brema nel 2007, è tutt'ora sotto contratto con la Figueirense, dopo aver cambiato svariate maglie nel campionato brasiliano. Una meteora del calcio europeo. José Mourinho, affermazione indiscutibile: per l'allenatore di Setúbal è "il trionfo", ottenuto con una squadra non favorita per salire sul "tetto d'Europa". Il suo Porto è la squadra dell'anno, stesso riconoscimento che riceve dall'Uefa come allenatore per il secondo anno consecutivo. "Non dimenticheremo mai questo giorno: le emozioni, le sensazioni, le immagini resteranno con noi per il resto della vita. Vivere con brutti ricordi è una tragedia; vivere con dei bei ricordi ci dà la forza per continuare la lotta. Siate voi stessi, non perdete l'identità come squadra, giocate come diavoli e vincete!" le parole del portoghese dopo una vittoria storica. Sulla panchina biancoblu da fine 2001, la stagione precedente alla vittoria in Champions centrò il "treble piccolo". Mourinho alza la Coppa più importante ma l'addio ai "Draghi" è nell'aria: il suo futuro è da "Special One", destinazione Stamford Bridge. Al Chelsea trascorre tre anni centrando due titoli di fila, ma per rivincere in Europa deve attendere la sua seconda stagione all'Inter: la Champions League vinta a Madrid sul Bayern Monaco ne fa l'allenatore più giovane ad aver vinto la Coppa dalle grandi orecchie con due squadre diverse. A Milano centra anche il suo primo triplete "classico", entrando per sempre nei cuori dei tifosi nerazzurri, non abituati da tempo a successi del genere. Amatissimo da Moratti, le sue lacrime della sera madrilena preannunciano l'addio all'Inter. Lo aspettano tre anni turbolenti (e vincenti) al Real Madrid, prima del ritorno al Chelsea nel 2013. Dopo il titolo del 2015, l'avventura coi "blues" finisce con l'esonero nello scorso dicembre, il secondo con Abramovich presidente dopo quello del 2007. Lo "Special One" aspetta ora la sua prossima panchina, facendo nel frattempo il tifo per il Leicester di Ranieri. di Marco Da Pozzo


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