Un’asta andata praticamente deserta, quella per i diritti tv della Serie A, quella per il triennio 2018-21, con solo Sky e Perform a presentare buste per un totale di 600 milioni (contro circa un miliardo previsto). Bando da rifare dopo l’estate, ma Urbano Cairo non si dichiara pessimista. Anzi, ha analizzato così la questione durante l’intervista rilasciata a La Gazzetta dello Sport: “La Serie A non vale 600 milioni. Su alcuni pacchetti non sono arrivate buste e SKy, che è brava a fare il suo mestiere, ha offerto circa 500 milioni, nemmeno un centinaio in meno del 2015-18: si è presentata e ha occupato uno spazio. Mediaset no, forse preferiva che il bando fosse posticipato per chiarire le sue strategie. Abbiamo venduto per piattaforma, può darsi che il modello vada ripensato adottando la vendita per prodotto, quindi per esclusiva. Si tratta di vedere qual è il sistema migliore per massimizzare i ricavi. Ad ogni modo, il valore del calcio in Italia è superiore a quello pagato nell’ultimo triennio. Il nostro sport è in una fase espansiva, dalla Cina all’America, perché ha un appeal straordinario. Certo, dobbiamo saperlo vendere bene”.
Sulla possibilità di aprire il canale della Lega in caso di risposte considerate non consone dal mercato: “Lo faremo e i vantaggi sarebbero notevoli perché il calcio è il motivo principale per cui ci si abbona alle pay tv. In Liga lo fanno già con risultati eccellenti. Con questo sistema la Lega incasserebbe più soldi e avrebbe costi di gestione più bassi di un broadcaster internazionale. Certo, dovremmo strutturarci con un centinaio di persone giuste ma è un progetto fattibilissimo e la cosa non mi spaventa. Potrebbe essere l’affare della vita, come successe a me quando mi misi in proprio dopo essere stato mandato via da Mondadori”.
Infine, una piccola frecciatina verso la politica: “Dicono che il calcio dipende troppo da diritti tv, in Inghilterra c’è meno teledipendenza perché hanno leggi chiare sugli stadi e il loro merchandising è protetto da norme anti contraffazione che funzionano. Noi tutto questo non ce l’abbiamo: siamo in un sistema Paese in cui non tutto dipende da noi. Tra l’altro, non condivido il fatto di dover ridurre le squadre partecipanti da 20 a 18: anche in Inghilterra e Spagna sono 20. Ed è una bella cosa offrire maggiori chance di arrivare in Serie A, offrendo alle outsider la possibilità di approdare nel massimo campionato”.