He’s back. Eccolo King Claudio. Ancora in Inghilterra, la sua seconda casa. Ennesima sfida di un viaggio infinito, partito da Pozzuoli e di nuovo a Londra. Dal 1987 al 2018, dalle imprese sulla panchina del Campania al Fulham, dove prenderà il posto di Slavisa Jokanovic (ironia della sorte, il primo acquisto del suo Chelsea 18 anni fa). Dalla vittoria contro il Cagliari di Orrù alla Premier. Il Cristoforo Colombo del calcio non ha nessuna intenzione di dire basta, nonostante la carta d’identià dica 67 anni.
“Provateci, perché nulla è impossibile. Nel calcio così come nella vita”. E’ il 2 maggio del 2016, il Tottenham non va oltre il 2-2 a Stamford Bridge nel derby contro il Chelsea. Ranieri è appena diventato campione d’Inghilterra con il suo Leicester e quelle sono le sue prime parole. Un’impresa titanica, seguita con il fiato sospeso da tutto il mondo. Al fischio finale di Clattenburg scoppia la festa. Alle due di notte, la città incantata si trasforma da set permanente di Ken Loach a Moulin Rouge. Clacson, balli di piazza, canti e capannelli. A Casa Ranieri, però, Claudio e sua moglie Rosanna tengono la voce bassa. Ridono, guardando il tutto in televisione. Un pizzico di normalità nella favola più bella del calcio moderno.
Ne servirà un’altra per salvare il Fulham, desolatamente ultimo in classifica. Dalla gioia della promozione all’incubo retrocessione nel giro di qualche mese. Una sola vittoria in 12 giornate, nove sconfitte e la bellezza di 31 gol subiti. Numeri impietosi: “Ma questa squadra non può accontentarsi solo di rimanere in Premier”. Parola di King Claudio. Un discorso che sa di déjà vu. Eccome, basta tuffarsi nel passato. Natale 2015, il Leicester è già salvo. Merito di una sola sconfitta in 17 partite, che vale il primato. La squadra si riunisce nello spogliatoio, si parla e decide: “Proviamoci, non ci costa nulla”.
A fine stagione, la classifica dice 81 punti. Dieci in più del Tottenham secondo. Un traguardo inaspettato. Un bollito diventato terribilmente buono. Ne sanno qualcosa in Grecia, dove gli affidano la nazionale nel luglio del 2014 per poi cacciarlo a novembre, dopo quattro partite: “E’ superato ormai” Dicono. A Londra, invece, continuano a definirlo tinkerman. Siede sulla panchina del Chelsea per quattro anni, dal 2000 al 2004. Vince 107 partite sulle 199 totali. Conquista una semifinale di Champions e un secondo posto in Premier. Ma niente, la stampa lo condanna: “Pensa troppo alla formazione, è vittima dei suoi dubbi” Sentenziano i tabloid.
Quando arriva al Leicester viene definito una scelta poco ispirata da Gary Lineker: “Come può un allenatore che ha perso il proprio posto nell’ignominia rientrare così facilmente in Premier?” Si chiede Redknapp. Il suo esonero lo danno per certo nove esperti su undici sulle pagine del Guardian. Spietati anche i bookmakers, che quotano la vittoria del titolo da parte del Leicester 1-5000. Più dell’upset di Buster su Mike Tyson. Più di Bono come nuovo papa dopo benedetto XVI. Più degli Stati Uniti che battono la Russia a Hockey nelle Olimpiadi del 1980. Così, tanto per rendere l’idea.
Insomma, il suo ritorno sarà decisamente più apprezzato. E più felice anche. Perché a Leicester Ranieri c’è tornato dopo l’esonero del febbraio del 2017. Lo ha fatto, ma per portare una corona di fiori in onore del presidente Vichai, morto in seguito ad un incidente aereo. E’ stato il suo ritorno al King Power Stadium, dove i tifosi gli vorrebbero dedicare una statua. Si ritroverà davanti al suo passato fra tre giornate, il prossimo 4 dicembre a Craven Cottage. Poco spazio alle emozioni. Sembrerà impossibile, forse lo è. Ma lui e il suo Fulham hanno bisogno di punti.
Chissà cosa si inventerà nella conferenza stampa di presentazione. I giornalisti inglesi lo ricordano con affetto Claudio, vera e propria fonte di titoli nella sua parentesi al Leicester: “Mi piacerebbe dire Yes we can, ma non sono Obama”. Oppure il celeberrimo: “Hey man! We are in Champions League! Dilly-ding,dilly-dong!”. Il suo Leicester poi prendeva sempre gol, tanto da chiudere a porta inviolata per la prima volta solo alla decima giornata: “Ho detto ai miei giocatori che gli pago la pizza se non subiscono gol, ma evidentemente non vogliono la pizza”. Diretto, semplice. Divertente.
Come la scena che segue quella vittoria per 1-0 contro il Crystal Palace del 24 ottobre 2015. Finalmente zero gol subiti, Claudio mantiene la promessa e porta i suoi giocatori in una pizzeria italiana di Leicester, costringendoli a farsi la pizza da soli. Risultato? Vardy e compagni iniziano a tirarsi la farina contro. Un mostro di semplicità. Di umanità e umiltà: “Quando entra mi dice sempre ciao!” Dice di Claudio la storica lavandaia del club: “Quando è arrivato avevo paura che proibisse i dessert – racconta il cuoco – invece ha lasciato tutto come prima”.
Chissà, magari qualcuno scommetterà sul Fulham. Proprio come qualche tifoso del Leicester, che puntò sulla vittoria del campionato da parte della sua squadra. O come lo stesso Lineker che, dopo la vittoria sul Chelsea, si lasciò andare ad un incauto: “Se vince il titolo, conduco la trasmissione in mutande”. Beh, lo fece davvero. Colpa del Leicester dei miracoli, la scultura più bella di King Claudio. Che adesso è tornato, perché di fermarsi non ne vuole proprio sapere. He’s coming Fulham!