In Qatar calcio e soldi nascono insieme, facendo sì che l’espansione di uno sia derivata dalla spesa dell’altro. Un rapporto di causa-effetto. Con il denaro che troppo spesso regala sogni e illusioni ma si sa, non è oro tutto quello che luccica. Chi ci ha vissuto, lavorato e in questo caso allenato può raccontarlo meglio di chiunque altro. Roberto Landi fa il giramondo di professione: prima da giocatore, poi da allenatore. Ma ci torneremo. Una delle tante tappe della sua vita è stato il Qatar, dove ha allenato la nazionale under 21 dal 2007 al 2009. “Credimi di cose non dette ce ne sono tante. Altre stanno venendo fuori piano piano. L’hai sentita la storia della birra che non potrà essere venduta prima e dopo le partite? Quello è un esempio. Ma emergeranno tanti altri problemi sia per i tifosi che per i giocatori. Spero sia la prova del fatto che non esiste un solo modo di vedere le cose. E mi auguro che se ne rendano conto anche loro”.
Il Qatar si era presentato al Mondo con un messaggio, arrivato forte e chiaro: “Expect Amazing”. Preparatevi a qualcosa di straordinario. “Su questo non ci sono dubbi, sarà così. Sarebbero pronti a ospitare anche le Olimpiadi. Guarda davvero da quel punto di vista sono il top, hanno scelto le eccellenze e i risultati si vedono. I giocatori e gli spettatori si godranno un clima di grande confort, poi i problemi saranno fuori dagli stadi… credo però che le strutture siano l’unico punto di forza di questo Mondiale”
Landi era lì quando prese forma, nel 2007, il progetto dell’Aspire Academy, annunciato in pompa magna da Jassim Al-Thani. “Fu una cosa pazzesca, da fantascienza. C’erano Pelè, Maradona e Micheal Jordan, oltre a una performance del Cirque du Soleil. Sembrava di essere in un film. All’inizio la gestione era affidata a un’organizzazione francese, poi penso sia cambiata. Ma credimi in Qatar il problema è culturale. Quando noi andavamo a fare le partite con l’Under 21 i giocatori arrivavano al campo in Limousine, tutto pagato dalla federazione. Chiesi all’Emiro che bisogno ci fosse, ma era il loro modo di apparire e dimostrare di poter arrivare ovunque”.
Roberto è uno che in carriera ne ha viste di tutti i tipi, ha giocato a New York con Chinaglia e Beckenbauer, per poi passare ai Kaiser Chief, il Real Madrid del Sudafrica, in piena Apartheid. “Fui anche squalificato dalla FIFA per sei mesi. Sono uno che si è sempre cercato di adattare a ogni situazione, anche la più difficile. Se ti parlo così del Qatar è perché ci ho vissuto e lavorato, so a cosa si va incontro. Credo che sarà il mondiale con più polemiche della storia, non solo legate al calcio ma proprio dal punto di vista sociale”.
“Ho paura di quello che potrà succedere ai tifosi, in particolare gli inglesi o gli olandesi, se verranno trovati ubriachi in pubblico. Si rischia la prigione, lì non scherzano mica. Potranno anche chiudere un occhio la prima volta, ma non so fino a che punto sarà possibile evitare certe situazioni". La certezza è che sarà un Mondiale unico nel suo genere. Il Qatar ha eretto nel deserto una giostra così grande, lucente e controversa che sarà impossibile non guardarla. La domanda è cosa resterà nella sabbia, una volta che la ruota panoramica si sarà fermata e il pallone avrà smesso di rotolare.