La vittoria contro la Juventus con il suo Genoa è stata l'ultima di tante imprese, dopo la Champions League con la Fiorentina e i tanti bei ricordi lasciati nelle piazza in cui ha lavorato. Dalla Roma di Totti alla sua Nazionale, quella che avrebbe dovuto segnare la rinascita azzurra nel segno della pazza coppia composta da Balotelli e Cassano, Cesare Prandelli ha ripercorso le tappe della sua carriera in un'intervista rilasciata al Corriere dello Sport. Di seguito, le sue dichiarazioni:
"Quando ero alla Fiorentina, dopo quattro qualificazioni consecutive in Champions League, mi sentii tradito. Mi dissero che avevano necessità di cambiare e che io, allenatore ambizioso, potevo andare dove volevo. Il giorno dopo Della Valle disse ai giornali che io volevo andare alla Juventus, in realtà l'interesse dei bianconeri c'era ma era la Viola ad avere fretta di tesserare Mihajlovic. Così, per rispetto della città, rinunciai all'anno di contratto che mi restava, poi chiamai Bettega e gli dissi che, per la Juve, non se ne sarebbe fatto più niente"
NAZIONALE, CASSANO E BALOTELLI
Da lì, l'opportunità di allenare la Nazionale: "Cominciammo con l'Europeo, mai avremmo immaginato di arrivare in finale. Quando battemmo la Germania, arrivammo al nostro albergo che era più o meno l'alba. I polacchi ci accolsero come degli eroi, dalle loro parti non sono ben visti i tedeschi. Peccato per la finale, la Spagna andava a mille e io, dopo appena un allenamento, chiesi ai miei se si sentivano in forma. Tutti mi dissero di stare bene e io mi fidati, ma in quattro erano acciaccati e la Spagna andava a mille"
"Balotelli e Cassano insieme? A me quelli fuori dagli schemi sono sempre piaciuti, e poi in Nazionale hanno troppi pochi giorni a disposizione per fare danni. Con Antonio a cena tutta la vita, non è mai banale. Certo, nella quotidianità, gli manca il senso del limite, è difficle da gestire. Cassano ha un codice d'onore, se ti stringe la mano non ti tradisce più. Quanto alla reazione degli altri, c'era il gruppo-Juve che dal punto di vista della condotta era molto selettivo. Ad Antonio, però, riconosco sempre la grande sincerità con cui si presentava nello spogliatoio, parlando sempre senza bisogno di lasciare intervista"
Quanto a Mario, "la sua sfortuna è che il personaggio è sempre prevalso, negli anni, sulla sua persona. In più, lui è uno che si accontenta. Resterà sempre uno a cui non manca nulla, con potenzialità enormi".
JUVE E ROMA LE BIG... "MANCATE"
"Rimpianti? La Juve e la Roma, ma più la Roma. Lasciai tutto perché mia moglie non voleva curarsi nella Capitale, i giornali scrissero anche che avevo litigato con Totti. Non è vero, anzi, tutto fu esaltante all'inizio. Alcuni giornalisti vennero persino al funerale di mia moglie, per chiedermi scusa per quello che avevano scritto"
"Piatek? Appena arrivato a Genova ero convinto che l'avrei perso a fine stagione, mica subito. Pazienza, con un'offerta del genere non lo potevamo trattenere. E per quanto riguarda la Juve, più che per aver battuto i bianconeri sono felice per i tre punti, che ci servivano davvero tanto"
L'intervista completa sul Corriere dello Sport di oggi.