Si può retrocedere anche senza farlo. Se vivi in una città come Pisa, è possibile anche questo. La Torre più famosa del mondo, che a maggio dello scorso anno sembrava iniziare a raddrizzarsi un po’, è tornata pendente e triste. Ma non cadrà mai. Non se retrocedi dopo una stagione così surreale, dove tutto quello che poteva andare storto è andato anche peggio. A cominciare da un’estate maledetta, il modo peggiore per festeggiare una B che a Pisa quasi spetterebbe per diritto. Per bellezza. Gattuso resta o va via, era il primo grande dubbio di un anno fa. I primi “dissidi” – chiamamoli così - con Petroni iniziavano mentre la festa promozione ancora doveva cominciare. Alla fine i due si dicono un sì poco convinto, spinto dall’euforia di quella finale playoff vinta contro il Foggia. Che ora, beffa del destino, in B ci è salito mentre il Pisa scivolava giù di nuovo.
Un sì poco convinto dicevamo, quello tra Gattuso e Petroni. Come la voglia della società di continuare ad investire per davvero. Mica investimenti faraonici, a Pisa basterebbe poco per essere felice. Per dire, basterebbe il pullman per andare in ritiro o l’hotel per riposarsi durante la preparazione. Basterebbe il materiale tecnico per allenarsi. Basterebbe la normalità, quella che l’estate scorsa a Pisa non c’è mai stata. Quella che ha provato a mettere, anche di tasca sua, Gennaro Gattuso. Uno che già prima di uscire tra gli applausi dopo la retrocessione ha fatto intendere che in Lega Pro non tornerà. Uno che in stagione ci ha messo la faccia prima dei soldi. Ci ha messo la dignità, il suo essere uomo prima che allenatore. Anche in una situazione che per mesi di dignitoso aveva ben poco. Una preparazione inesistente, l’incertezza societaria, lo spettro e i fantasmi prima sull’iscrizione al campionato e poi sul possibile fallimento. Un incubo. Sportivo e umano. Dentro e fuori dal campo. Fuori dai campi, anzi. Un incubo in cui i bambini della scuola calcio devono allenarsi nei giardini pubblici e cambiarsi dietro le pareti di un supermercato. Eh sì, a Pisa – una delle perle del mondo - si è visto anche questo. La rottura sempre più netta tra Gattuso e la squadra, da un lato, e la proprietà dall’altro ha aperto le porte a chi nel Pisa voleva investire. Dai fondi estivi, più o meno concreti, ad una cordata forte e solida che qualche stagione fa aveva già provato a salvare il Parma e che in autunno ci ha riprovato con il Pisa. Giuseppe Corrado arriva come una specie di Messia. E no, non è blasfemia. La trattativa è infinita, di quelle da pugni su tavoli che tremano ancora. Vendo non vendo, compro non compro. Estenuante. Un continuo tira e molla che blocca la squadra per un pomeriggio intero in piena campagna.
E’ il 17 dicembre, eppure Natale sembra lontanissimo. I tifosi vogliono garanzie o il pullman resta bloccato: o Petroni vende, o la squadra alla partita contro il Cittadella non ci arriverà mai. Ci vorranno ore per sbloccare tutto, ci vorranno le chiamate di uno stoico Gattuso, l’ennesimo sforzo della famiglia Corrado, l’intervento di Abodi e della Digos. Il sì arriva, il pullman parte. La firma dal notaio, a Milano, arriverà qualche giorno dopo. E non senza altre preoccupazioni. Sembra la svolta per una squadra che comunque, tra mille difficoltà, era in piena zona salvezza. Tranquillissima. Il debutto di Corrado all’Arena Garibaldi da presidente del Pisa arriva nel derby contro lo Spezia il 24 dicembre. La città lo accoglie come Babbo Natale, e lui col figlio Giovanni a gennaio provano a fare i regali che servono a Gattuso. Arrivano Landre, Angiulli, Zammarini, Manaj, Masucci. Prima erano arrivati Lazzari e Mudingayi. Ma non bastano. A marzo il Pisa scoppia. Si pianta sulle gambe, come quei corridori che in salita non fanno più girare i pedali. Capita, quando hai buttato via un’estate. Quando non hai mai potuto allenarti davvero, quando hai saltato la preparazione. Capita, quando hai sprecato le energie più fuori che in campo. Quando da mesi aspetti uno stipendio, quando arrivi al campo e trovi i lucchetti ai cancelli. E’ un capitolo da mettersi alle spalle. Cittadella-Cittadella, un girone dopo il Pisa firma il suo ritorno in Lega Pro. All’andata la squadra non sapeva se giocare, al ritorno l’1-4 interno condanna alla retrocessione. “Una stagione da riscattare, una categoria da riconquistare, un futuro da riprogrammare. Tutti uniti bisogna continuare a lottare” scrive la Nord a fine partita. Messaggi per un Pisa che esce tra gli applausi e che ripartirà dalla Lega Pro. Dopo una stagione surreale. Probabilmente senza Gattuso, ma con una società. Solida ed ambiziosa. La garanzia numero uno per ritornare dove Pisa merita di stare. Per bellezza e dignità. Perché si può retrocedere, anche senza essere retrocessi.