In America lo chiamano “il Maestro” e non c’è neppure bisogno di comprenderne il motivo. Andrea Pirlo, anni 35, ha scelto il New York City per ripartire lontano dall’Italia dopo anni di successi e trionfi. L’idea di tornare in Serie A – precisamente all’Inter - l’ha solo sfiorato: “Mi hanno chiamato diverse squadre, ma ho fatto una scelta e non mi è parso il caso di rinnegarla dopo pochi mesi. È anche una questione di rispetto nei confronti di chi ha investito su di me”. In un’intervista concessa al Corriere della Sera, il regista italiano si divide tra l’esperienza americana, il suo passato e i prossimi obiettivi personali: “Gioco per andare all’Europeo. Io sono sempre a disposizione, in Nazionale ci vado volentieri”. Per riuscirci, però, bisognerà far bene anche nel proprio club d’appartenenza: “L’anno scorso siamo andati male ma era il primo anno. Abbiamo potuto comperare soltanto le riserve delle riserve delle altre squadre. Io, Lampard e Villa siamo i tre fuori budget consentiti dai regolamenti. Ora però si parte a pieno regime, con la preparazione e con un allenatore nuovo: Patrick Vieira”.
L’addio alla Juventus è stata una scelta ponderata: “Dopo avere perso la finale di Champions a Berlino ci ho riflettuto un attimo. Sapevo che sarebbe stato difficile ripetere una stagione in cui comunque abbiamo vinto scudetto e Coppa Italia. Dopo certe annate si può solo peggiorare. Quindi sono andato dal presidente e gli ho detto che avrei voluto fare una nuova esperienza, ma non per svernare: per rimettermi in gioco. Andrea Agnelli è una persona in gamba, è bravissimo. Con lui c’era un accordo verbale in base al quale me ne sarei potuto andare. E così è stato. Il rapporto con Allegri? Mi telefonò prima di arrivare alla Juventus, ci abbiamo messo una pietra sopra: gli anni alla Juve sono stati straordinari, quelli al Milan irripetibili, storici”. Idee chiare sul campionato italiano: “Il Napoli gioca bene, ma la Juve è ancora la squadra più forte. È la squadra da battere. L’ho sempre detto, anche quando era 15 punti dietro. Se le altre non sono riuscite a darle il colpo di grazia in quei momenti...”.
Spazio anche alla vita fuori dal campo: "Non voglio fare l'americano. Mi sento un italiano che vive in America per lavoro, come tanti. E comunque in America si sta bene. Apprezzo la qualita' della vita, la gente. Sono piu' educati, rispettano le regole. A parte gli affetti, di questa Italia in questo momento non mi manca niente: il calcio negli States sta crescendo, gli stadi sono sempre pieni. E' un'esperienza che mi piace e tanti colleghi vorrebbero venire a giocare in America".