Sette gol in 12 partite, 8 nelle prime 6 di campionato. Numeri da fenomeno, numeri da... Piatek. Meglio di tutti, anche di Ronaldo. Quanto basta per essersi guadagnato la convocazione da parte della sua Polonia e per aver fatto innamorare i genoani e non solo. Gli sembra tutto tremendamente facile, forse perchè negli anni precedenti ha dovuto superare diverse difficoltà. Lo sa bene Andrzej Bolisega, il suo primo allenatore e presidente ai tempi del Lechia Dzierzo niów.
"Era il 2006: aveva appena 11 anni ma un talento già stupefacente anche se non era ancora stato notato - ha raccontato in esclusiva alla Gazzetta dello Sport - quando allenavo il settore giovanile del Lechia, andai con la mia squadra a Niemcza, una cittadina a 10 km da Dzierzoniów per un’amichevole. Lo scoprii in quell’occasione: Krzysztof giocava nel Niemczanka Niemcza Club. Mi fece una grandissima impressione e mi accorsi subito che, anche se era solo un bambino, aveva già le caratteristi che del giocatore. Il giorno dopo era un tesserato del Lechia Dzierzoniów. Dovetti convincere il padre a farlo venire nella nostra squadra e nella scuola sportiva della città, ma il Lechia era una società nettamente più importante".
Un predestinato, dunque. Amante del pallone e della musica che di sacrifici ne ha dovuti fare eccome: "Si doveva svegliare tutte le mattine prestissimo per andare da Niemcza a Dzierzoniów, allenarsi prima di andare a scuola, poi allenarsi di nuovo e arrivare a casa solo la sera tardi". Fondamentale per la sua crescita è stato il padre, anche perché il buon Piatek non è che fosse così disciplinato: "Se non fosse stato per suo padre e per le sue regole dure, Krzysztof non sarebbe dove è ora. Ci sono stati momenti in cui non veniva agli allenamenti, ma bastava fare una chiamata al padre e il problema era risolto. La collaborazione della famiglia è fondamentale quando si lavora con giovani talenti"
"Nel suo primo mese con noi andammo in Francia per un torneo di calcio. Ancora mi ricordo quanto fu difficile controllare il suo carattere: non si fermava mai, scappava da tutte le parti, voleva sempre essere il primo. Quando succedeva qualcosa non dovevo neanche chiedere chi fosse stato: sapevo che si trattava di Krzysiek". Chissà il padre come reagì. Certo è che la sua severità ha portato a qualcosa. Di bello, come i tanti gol del figlio.
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