Una finale ritrovata dopo 44 anni, un traguardo storico raggiunto grazie a un cammino ‘magico’. Termine non casuale perché il Perù, tra rituali e scaramanzie giocherà una partita che solo una volta nella propria storia aveva disputato: la finale di Copa América.
Merito proprio di un mago professionista, in una storia tutta in salsa sudamericana. Lo chiamano “El Mago Plomo” e dal 2015 segue la nazionale del Perù in tutte le sue avventure: una sorta di portafortuna visti i risultati recenti, una “onda di buona energia”, come ama dire lui, che aiuta la squadra nel raggiungimento dei risultati.
E una delle sue magie l’ha fatta a Cristian Cueva, tra i principali simboli della nazionale di questi tempi e suo grande amico. Gioca le sue partite con una carta francese, l’otto di quadri, infilata nel parastinchi. Nella semifinale di Copa América Cile-Perù si è vista chiaramente in trasparenza dal calzettone: da quattro anni prima di ogni partita il Mago Plomo gli consegna questa carta per attrarre la buona sorte e per ora i risultati sembrano dargli ragione, tanto che al termine della partita contro il Cile il calciatore è andato a regalargli la sua maglia a bordocampo.
La vittoria contro il Cile ha un significato storico: sono i nemici di sempre del Perù e andava vendicata la sconfitta, sempre in semifinale, della Copa América del 2015. Una grande prestazione, merito di un colpo di fortuna o di magia all’interno di una squadra che crede molto nella scaramanzia.
Anche perché alla guida c’è il Tigre Gareca che sì, non è peruviano, ma è perfettamente calato in questa realtà mistica. Lui prima di ogni partita si scatta una foto con una ragazza, non veste mai di verde, non ascolta il cantante Marc Anthony e non passa dal lato degli avversari nel tunnel che conduce dagli spogliatoi al campo. E allora ecco che tutto sembra avere un senso: rituali e scaramanzia, la vera unione del Perù finalista di Copa América, alla ricerca dell’ultima magia.