E se Pellissier non avesse mai fatto il calciatore? Ci sono i giocatori fortunati, quelli che non si aspettano possa arrivare la grande chiamata. Poi ci sono i talentuosi, quelli che con il minimo sforzo riescono a farsi notare. Ma ci sono anche quelli determinati, silenziosi, che pensano prima di tutto ad allenarsi, convinti che i risultati possano arrivare. E se non arrivano? Pensate che a un certo punto Sergio aveva immaginato di non continuare. Era piccolissimo, aveva 14-15 anni. Gli mancavano casa sua, i campi di Fénis (in Val d’Aosta) dove giocava con gli amici con spensieratezza.
Non era una questione di impegno: quello per uno come lui, valdostano doc, non è mai stato un problema. “Aveva paura di non trovare abbastanza tempo con la scuola: tutti i giorni partiva da Aosta per venire ad allenarsi a Torino. E c’è stato un momento in cui giocava poco: si chiedeva se ne valesse davvero la pena. Ed è lì che siamo intervenuti noi”. La favola di Sergio Pellissier comincia da qui, da una telefonata. La racconta a Gianlucadimarzio.com il suo padre calcistico, l’allenatore che lo selezionò quando aveva 10 anni e lo portò al Torino: Giorgio Tonino. Con lui, Sergio ha mantenuto un rapporto speciale, che va oltre il mondo del pallone. “Mi ricordo ancora le selezioni. Con il Toro avevamo aperto alcune Scuole Calcio, erano tra le prime d’Italia. Eravamo io e un collega, Romano Doppi: facevamo delle lezioni in tanti paesi della Val d’Aosta e vedevamo questi bambini con tanta voglia di divertirsi. Ma poi c’era Sergio. Era uno diverso: gli piaceva giocare a calcio ma si vedeva che aveva qualcosa in più”.
"DA AOSTA A TORINO: VIAGGIAVA TUTTI I GIORNI PER INSEGUIRE IL SUO SOGNO. MA QUEL DUBBIO..."
Vieni a provare nel Toro, gli dicono. La sua famiglia accetta e da lì comincia tutto. “Tutti i giorni scendeva dalla Val d’Aosta accompagnato da un familiare. Era sempre puntuale, dimostrava un attaccamento al calcio davvero viscerale” continua Tonino. “E poi aveva una caratteristica che già lo faceva distinguere dagli altri: era velocissimo”.
Sergio cresce, scala di categoria. Ma scopre qualcosa che non si aspettava: la panchina. Non era questione di presunzione, umile lo è sempre stato. Solo, si chiedeva se continuare così sarebbe servito. Magari meglio fare un passo indietro, giocare a calcio con gli amici nei campetti valdostani, finire la scuola, cercare un lavoro. Pensieri e tormenti del giovane Sergio.
“Aveva quattordici o quindici anni”, ricorda Tonino. “Mi chiamò il mio collega e caro amico Gigi Fantinoli (altro allenatore che ha fatto la storia del Settore Giovanile del Toro, ndr) dicendomi: ‘guarda che Pellissier forse non continua’. Perché aveva chiamato me? Sapeva che continuavo a seguirlo. Mi ero affezionato a lui e lui a me”. Ed è qui che cambia tutto: “Chiamai il padre, che ad Aosta faceva il macellaio. Una persona davvero perbene, mi disse che anche lui aveva dei dubbi: i sacrifici erano tanti, non era sempre semplice riuscire a fare tutto. Ci parlammo molto in quelle settimane”. Anzi, il Torino andò anche in più di un’occasione ad Aosta per incontrare la famiglia: Sergio non poteva smettere. La sua vita era per il calcio, lo sapevano tutti.
"QUELLA VOLTA CHE SERGIO MI FECE PIANGERE"
“Alla fine lo convincemmo: doveva solo continuare a credere in se stesso. I risultati sarebbero arrivati”. La trafila nelle giovanili proseguì, passò nella Primavera allora allenata da Claudio Sala (uno dei vincitori dell’ultimo Scudetto della storia del Toro) e di qui in prima squadra. Poi Spal e finalmente Chievo: una storia fatta di 138 gol in 508 presenze a Verona. Una Storia, anzi. “Ci siamo sempre sentiti, lo facciamo ancora” racconta Tonino, oggi selezionatore per il settore giovanile regionale del Piemonte, con particolare attenzione rivolta ai talenti under 15. Nel Torino ha lavorato dal 1983 al 1997: quattordici anni. Di giocatori ne ha visti passare tanti, ma con Pellissier ha mantenuto un rapporto diverso. “Ci chiamiamo poco, non voglio disturbarlo. Ma ci scriviamo spesso. Un giorno però mi ha telefonato e mi ha chiesto: ‘ce l’hai Sky? Guardati un servizio che hanno fatto su di me’. Durante l’intervista ringraziava un allenatore in particolare, me. Lo guardavo con mia madre: ci ritrovammo in lacrime”.
Perché Pellissier è sempre stato così. Lo dicono tutti: professionista in campo, marito e padre esemplare, amico sincero. Contro l’Inter, a 39 anni e mezzo, ha segnato una rete ad Handanovic da ragazzino: uno scatto al 90’ e un cucchiaio a beffare il portiere avversario. È rimasto “velocissimo”. È rimasto quel Sergio, valdostano doc, che a 15 anni decise di continuare a giocare.