Alessandro Gazzi, tuffo nel recente passato. Domani il centrocampista veneto tornerà all'Olimpico Grande Torino da avversario, con la maglia del Palermo. Ma non è questo l'argomento della lunga intervista concessa da Gazzi a La Gazzetta dello sport. Infanzia, paura, idoli... l'ex granata si racconta.
"Sono un introverso" - attacca Gazzi -"Ho il blog da circa un paio d’anni e in questo periodo ho effettuato un percorso che mi ha fatto scoprire questo canale comunicativo. Racconto spesso di calcio per far capire cosa può passare nella testa di un atleta durante una partita. Trovo sia una cosa che mi completi. Nel calcio sono un uomo di sudore, fatica, equilibrio, non un fantasista, e così quella creatività che mi manca cerco di esprimerla in maniera diversa. Le mie passioni in fondo mi aiutano. Tra l’altro, ho studiato un paio d’anni al Dams e mi piacciono libri, cinema, musica. Ecco, su questo mi sento particolare. Diciamo che nello spogliatoio a volte sono un po’ assente, ma rispetto a quando avevo vent’anni sono migliorato e sto cercando di far crescere le mie abilità sociali, perché il mio carattere può essere sia un pregio che un limite. Anzi, più spesso è un limite".
Gli inizi: "Come tutti i bambini sognavo di fare il calciatore, però non ho mai dimenticato ciò che mi disse mio padre, quando avevo 7-8 anni: “Guarda che solo uno su 6000 arriva a fare davvero il calciatore”. Io quell’esempio me lo sono sempre portato dentro, immaginandomi di essere negli altri 5999. Così ho sempre pensato che a un certo punto la selezione sarebbe stata talmente forte che mi avrebbe impedito di diventare un giocatore di Serie A e avrei cominciato a fare anche altro. A vent’annivolevo smettere. Era nel passaggio fra Treviso e Viterbo e mi ero fatto prendere troppo dalla frustrazione per una serie di cose: infortuni, delusioni su come stavo giocando, mancanza di fiducia da parte degli altri. Poi pian piano sono ripartito. Credo comunque che succeda a tanti calciatori".
Gazzi è tra i giocatori della Reggina che hanno ricevuto la cittadinanza onoraria per la storica salvezza del 2007, con 12 punti di penalizzazione: "Per Reggio fu un evento storico, fece crescere l’entusiasmo in una città che aveva una miriade di altri problemi. A ripensarci, paragonare un evento sportivo a ciò che accade tutti i giorni c’è una bella differenza, ma in quel momento fu una situazione molto emotiva". Idoli? Sì, ma non sono calciatori: "Mi ritengo una persona fortunata perché ho lavorato con persone di altissimo livello, che mi hanno gratificato moltissimo, però se penso a qualcuno da incontrare sceglierei più due registi come Terrence Malick e David Lynch. Sono due personaggi particolari dal punto di vista creativo".
Su Conte e Ventura: "Hanno un modo di fare diverso e complementare. Conte ha una mentalità della vittoria feroce, che risalta in tutto ciò che fa, Ventura insegna più l’essere. Il primo ha la vittoria come unico mantra, il secondo invece vuole soprattutto vincere nel profondo. Sono orgoglioso di averli avuti". La Juventus ha già vinto lo scudetto? "La Juve mi sembra difficile da fermare, ma a volte basta poco. Comunque le rivali stanno facendo grandi cose e a volte i colpi di scena accadono". In chiusura d'intervista si parla del Palermo: "Intanto pensiamo a far punti col Toro. A chi farei scrivere la storia di questa stagione? Un’opera del genere la darei sicuramente a Lynch. È più visionario e sa sondare meglio le zone dell’inconscio".