“Casa Di Marzio” continua a farvi compagnia attraverso tante dirette Instagram sulla pagina ufficiale di GianlucaDiMarzio.com. Oggi tra gli ospiti c’è stato anche Pierluigi Orlandini, ex giocatore – tra le tante – di Inter e Atalanta, oggi allenatore nella sua scuola calcio. Gigi ha cominciato ricordando il suo gol in finale degli Europei Under 21: “Quel 20 aprile 1994 rimarrà sempre dentro di me. Ho fatto un grande gol che ci ha permesso di alzare la coppa. E pensare che sono stato convocato per un caso fortuito…”.
“IL MIO GOLDEN GOL MI HA AGEVOLATO IN CARRIERA”
“In quegli anni ero sempre stato titolare, ma prima di quell’Europeo non ero in forma. La lista Uefa era di 20 giocatori e non ero tra quelli, poi Sandro Cois si è infortunato e sono stato convocato da Cesare Maldini al suo posto” ha raccontato Orlandini. “La finale col Portogallo è stata dura. Erano favoriti e forse meritavano anche di vincere, avevano giocatori come Rui Costa e Figo. Noi cercavamo le ripartenze, e così siamo arrivati ai supplementari. C’era da poco il golden gol e non tutti sapevano bene la regola. Infatti quando ho segnato e hanno portato i tavolini per la premiazione siamo rimasti un po’ sorpresi”.
E il momento del suo gol lo ricorda bene: “Quando ho visto partire il tiro da fuori area avevo subito capito di averla colpita bene. Era imparabile per il portiere, che non era nemmeno così alto. L’ha deviata leggermente e si è infilata sotto all’incrocio. Quella rete mi ha portato alla ribalta, tutti se la ricordano. È stata una grande spinta per me, mi ha agevolato in carriera”.
LA C2 A BRINDISI E LA SCUOLA CALCIO
Dopo la Serie A, Orlandini si è poi trasferito in C2, a Brindisi: “Il progetto sembrava ambizioso, ma nonostante i tanti soldi spesi alla fine vinse il Foggia di Pasquale Marino. Con le tante spese e i pochi risultati, poi, arrivò il fallimento. Con me giocava anche Fabio Paratici, professionista serio che però pensava già da dirigente. Io continuai qualche anno in eccellenza, ma più per passione che per altro”. Anche perché Gigi già si vedeva come allenatore: “Ho iniziato coi grandi, ma ragionavo ancora come giocatore. Pensavo fosse più facile, poi mi sono buttato sul mondo dei giovani ed è stato più gratificante”.
Un mondo in cui Orlandini, ancora oggi, cerca di insegnare i veri valori dello sport: “I temi sono cambiati e le tecnologie non aiutano. Anche i rapporti sono diversi, oggi i ragazzi stanno più comodi a casa. In tanti fanno sport solo per moda e non per passione. È un mondo brutto, contornato da persone che fanno credere ai ragazzi che il successo sia facile da raggiungere. Il calcio è un piacere se hai passione, ma anche un sacrificio. C’è gente che chiede soldi in cambio di raccomandazioni. Ma con queste non arrivi in alto, al massimo nei settori giovanili. È solo un’illusione, perché dopo diventa sempre più difficile. E in tanti ne escono devastati. Serve poi anche una famiglia dietro con dei valori”.
“PIÙ TECNICA E MENO TATTICA. RISULTATO CONTA POCO”
“Quando sento parlare di tattica per i giovani inorridisco” ha proseguito. “Nella scuola calcio che ho aperto giocano ragazzi nati tra il 2008 e il 2014, e pensiamo perlopiù a sviluppare la tecnica. Non si viene per vincere ma per giocare, il bambino deve divertirsi in maniera seria, imparando le regole e il rispetto per compagni, avversari e allenatore. Sono insegnamenti di vita. E anche con i genitori devi essere chiaro su questo. Sono felice quando loro mi dicono che i bambini non vedono l’ora di venire al campo. Si allenano sempre e bene. Con i più grandi ho avuto maggiori difficoltà, essendo passati da altre scuole calcio magari gli hanno dato insegnamenti diversi dai miei”.
“A questi livelli a me interessa vedere il gioco e il fare le cose che proviamo in allenamento, non mi importa della sconfitta. Non riesco a vedere campionati giovanili dove ragazzi di 15 anni giocano con la pressione di non dover retrocedere. Lo stress del risultato fa male a quell’età, perdi altre cose più importanti. A tutti i livelli devi arrivare calcisticamente formato, e questo metodo non è funzionale. La competizione per vincere ci deve essere, ma devono arrivarci attraverso gli insegnamenti, non solo per il risultato. Quando sbagliano, poi, devi correggerli nella giusta maniera per fargli capire cosa avrebbero dovuto fare. Dobbiamo preparare i ragazzi a 360 gradi” ha concluso Orlandini.