‘Chiamatelo bomber’. “Sì, fate pure. E’ giusto…ma bomber solo in campo”. Puntualizzazione doverosa, non si sa mai. Perché fuori dal campo Daniele Cacia è tutto casa e famiglia. Tranquillo, pacato. Parla veloce, spigliato. Racconta con una buona dose di ironia. “E di cose da dirvi ne ho, ho girato mezza Italia”. Il forestiero del gol. La palla che entra, anzi che butta in rete, minimo comune denominatore di mille avventure tra nord e sud. Sempre la stessa voglia, sempre lo stesso obiettivo, “fare gol, sono nato per quello. E poi entrare nel cuore della gente, trasmettere emozioni”. Con i gol e non solo, vero? “Sì, assolutamente. Per conquistare le persone bisogna essere onesti, sinceri, leali. Io dico sempre quello che penso, odio i ruffiani”.
Bastano tre parole per capire chi è Daniele Cacia. Carattere forte, deciso. Viaggia e segna. Segna e viaggia. Ne ha fatti di chilometri, per inseguire il sogno, il ‘suo’ sogno che non era semplicemente quello di diventare un calciatore, ma di buttare la palla in rete, di fare più gol degli altri. Di diventare un bomber, “il termine mi piace molto, lo ammetto”. Ci parla delle sue esperienze, poi si ferma e un po’ malinconicamente… “Sono molto legato alla mia terra da buon ragazzo del sud e mi manca. Mai dimenticare da dove si viene, io per la mia famiglia darei tutto”.
Cambia città, cambia maglia. Gira, sogna. Poi si innamora. Un amore vero, passionale, intenso. Finito presto, forse troppo. Dove? Nella città dell’amore, di Romeo e Giulietta. “Diciamo che il rapporto con Verona è stato un po’ come quello dei due innamorati – spiega Cacia a GianlucaDiMarzio.com – ci siamo amati tanto, abbiamo vinto. Poi ci siamo lasciati un po’ male. E’ stata un’esperienza indimenticabile in una città bellissima e con una tifoseria fantastica. Ogni volta che entravo allo stadio e sentivo il pubblico cantare mi emozionavo. Credo di essere ancora nel cuore della gente e di aver dato tanto per il Verona. L’ho amata con tutta me stesso e quando due innamorati si lasciano magari capita anche di esternare cose che poi in realtà non pensi. Avrei chiuso la carriera lì se le cose fossero andate diversamente, ma purtroppo in A ho avuto poche chance e poi davanti avevo un marziano come Luca Toni”.
Si lasciano così, tra qualche rimpianto e la speranza di ritrovare un nuovo amore. Forse a Bologna, ma Daniele sottolinea: “Il primo vero amore non si scorda mai”. In rossoblu succede un po’ la stessa cosa. La promozione in Serie A, poi un anno difficile e l’addio. Ancora, di nuovo. E’ strano il destino, crudele a volte. E il suo è quello di viaggiare sempre, senza sosta. Ma se dovessi paragonare la tua vita ad un film? “Bella domanda, non ci avevo mai pensato. Effettivamente la trama c’è, ve lo dico la prossima volta dai…”.
Ricomincia dalla Serie B, dall’Ascoli. Gli ingredienti sono quelli giusti: il calore della gente, la voglia di rimettersi in gioco. E cosa importa della categoria? “Niente! Questa è una grande piazza, merita soddisfazioni. Sono molto felice ora, all’inizio ci sono state delle difficoltà ma adesso finalmente sto facendo bene e voglio la salvezza. Voglio semplicemente continuare a segnare”. A segnare e a far sognare, perché con i tuoi gol fai innamorare. Lui lo sa bene, timida risata. Rimpianti? Forse, qualcuno. “Dai me l’aspettavo questa domanda…”. E tra una risata e l’altra (simpatico Daniele!), spiega: “Se in Serie A non ho reso bene è anche colpa mia, avrò sicuramente sbagliato qualcosa. Forse, e dico forse, sono sempre arrivato a giocarci nei momenti sbagliati. Quando sono andato alla Fiorentina, ad esempio, venivo da sette mesi di infortunio eppure debuttai in Coppa Uefa e feci pure gol…”.
Si ferma qui, vorrebbe un’altra chance. Ma meglio non dirlo, è molto scaramantico Cacia. “Ho delle fissazioni ben precise, dalle scarpe ad altre cose. Ma non le dico eh, sennò poi si fanno idee strane”. Forse i capelli? “Un po’ sì, lo ammetto. La coda? Non so se la rifarò, non credo”. Spiegaci, però, anche un’altra cosa, quella a te più familiare. Dai che lo sai… “Ah, ho capito. Non ho un’esultanza specifica, non ce l’ho mai avuta. E’ talmente bella la gioia del gol che in quei 7/8 secondi non ti rendi conto di niente, se tua mamma ti passa davanti nemmeno la riconosci…”.
Ama il mare, Daniele. Ama il blu, amava il blucerchiato… “Sì, da piccolo ero tifoso sfegatato della Sampdoria. Da buon bomber seguivo Mancini, Vialli e poi Montella. Che squadra! E quei colori mi facevano impazzire!”. E il ricordo più bello?: “L’esordio in B con il Piacenza, le gambe che mi tremavano. A fine stagione spero di inserirci anche la salvezza dell’Ascoli. Ma Piacenza è stata un’esperienza speciale. Non dimenticherò mai quel giorno che tornavo dall’infortunio e al campo trovai Mario Somma con la maglietta ‘Niente Paura, ci pensa Cacia…’. La metterò nella mia camera dei ricordi”.
E di ricordi ne ha tanti, Daniele. Ma ora meglio non pensarci. La gente lo vuole e lui non vuole smettere di segnare. “Giocherò ancora per molti anni, lo prometto…”. Bene, questa era importante: che mondo sarebbe senza bomber (s)?