Un pronostico? Questa volta non posso”. Il finale del Castellani per Nicola è difficile da immaginare, fare il tifo per una o per l’altra squadra qualcosa di impossibile da pensare. “Perché Empoli e Sampdoria per me rappresentano allo stesso modo due tappe importantissime della mia vita”, che Nicola ha raccontano in vista del match di sabato ai nostri microfoni.
La vita è quella di Nicola Pozzi: classe ‘86, professione attaccante. Partito dal Settore Giovanile nell’A.S.D. Savignanese. La C1 al Cesena. Poi il Milan, in camera con Capitan Maldini. Gattuso, Inzaghi, Kakà, Shevchenko. Pirlo e Seedorf in mezzo al campo. E Ambrosini, arrivato come lui da Cesena e pronto a dargli subito una mano ad inserirsi. Altro giro e nuova maglia, next stop... Napoli: il primo di De Laurentiis. Quello degli allenamenti in sette con un pallone tirato fuori dal bagaglio di un compagno, quello del gol al Lanciano nella prima vittoria della stagione. Sei mesi in prestito a Pescara, ecco l’Empoli.
EMPOLI E SAMPDORIA: LA PARTITA SPECIALE DI NICOLA
Quello del Presidente Corsi. “Una persona alla quale ancora oggi sono legato da un rapporto speciale: una società che ha creduto in me, mi ha lanciato nel grande calcio e dato la possibilità di vivere le incredibili emozioni dei cinque anni trascorsi alla Sampdoria” racconta in esclusiva a Ginlucadimarzio.com il doppio ex Nicola Pozzi. Sampdoria avversario degli azzurri sabato pomeriggio al Castellani. Azzurri ora guidati da Iachini (subentrato a inizio novembre ad Andreazzoli) : “che ho avuto tre volte come allenatore, è stato un maestro. - tra le tre, anche quella alla Sampdoria, coprotagonista nella cavalcata verso il ritorno in Serie A dei blucerchiati - Per tutto questo dal punto di vista sentimentale quella di sabato non può essere una partita come le altre, è una gara alla quale sono inevitabilmente legatissimo”.
GIOE, DOLORI E PRIME VOLTE: NICOLA E L’EMPOLI
Quello delle tante prime volte impossibili da dimenticare: “esordio e prima rete in Serie A quando avevo solo 19 anni, poi il debutto in Coppa Uefa. Un traguardo storico per Corsi e per tutti i tifosi”. Il poker personale al Cagliari, “che giornata quella. Sono questi i ricordi più importati degli anni trascorsi lì, ma la cosa fondamentale è stata la fiducia che il Presidente ha avuto in me ai tempi del direttore (sportivo) Pino Vitale: la società è sempre stata maestra in questo, selezionare e credere nei giovani, dargli il tempo di crescere, anche di sbagliare ma sempre aspettandoli. È il motivo per il quale sono usciti fuori così tanti giocatori: sotto questo aspetto il club di Corsi è tra le migliori se non la miglior piazza d’Italia”. Nella quale Pozzi riesce anche a conquistare l’azzurro. “Nazionale U21, raggiunta rete dopo rete con la maglia dell’Empoli: ero già arrivato ad undici, chissà quante ne avrei fatte se... “. La voce al telefono sempre sorridente si fa più amara. “Se al San Paolo non fosse arrivato quell’infortunio: - il più pesante della sua carriera, rottura del crociato nella vittoria con doppietta sul Napoli. - In due mesi avevo segnato tantissimo ed ero titolare in Nazionale. E' stata una botta”.
GLI INFORTUNI, LA SOFFERENZA E UN NUOVO STIMOLO PER RIPARTIRE
“Mentalmente il primo stop fu devastante, anche perché stavo facendo davvero bene: ero al terzo anno di Serie A, sapevo che quella stagione era un’opportunità fondamentale per la mia carriera. La squadra poi era messa bene in classifica, una settimana dopo il mio infortunio a mercato chiuso però si fece male anche Saudati e l’allenatore rimase praticamente senza attaccanti: nonostante giocatori come Giovinco e Marchisio alla fine retrocedemmo”. Arrivano richieste da club di A, ”ma l’Empoli puntava su di me per risalire subito: mi ritrovai in B e mentalmente non fu facile, ho dovuto ricominciare tutto da capo, trasformando la sofferenza in uno stimolo per ripartire”. E guadagnarsi di nuovo l’attenzione dei club di A. Il più interessato di tutti, la Sampdoria di Beppe Marotta.
IL TELEFONO CHE SQUILLA IN PIENA NOTTE, IL VIAGGIO ALL’ALBA: NICOLA E LA SAMPDORIA
“Erano gli ultimi giorni di mercato, avevo alcune trattative in piedi, mi arriva la chiamata del mio procuratore: “Nicola Marotta e Asmini ti vogliono per completare il reparto di attaccanti della Samp” dove c’erano Cassano, Pazzini e Bellucci. “Volevano aggiungere me, soprattutto in prospettiva. A mezzanotte squill il telefono: “domattina vieni subito a Milano che la Sampdoria vuole chiudere”. Ero Viareggio, sono partito alle sette del mattino, alle nove ero lì e dopo pranzo ho firmato”. Ritrovandosi a dividere lo spogliatoio con Antonio Cassano e Giampaolo Pazzini. “Che erano i titolari, io lavoravo per farmi trovare pronto per quando ce ne sarebbe stato bisogno. - Come successo a fine gennaio 2010, con Cassano non convocato da Delneri per motivi disciplinari - L’allenatore mise fuori Antonio, la squadra andava male ed era a tre punti dalla retrocessione, quando subentrai facemmo quattro vittorie: 2-3 a Udine dove segnai su rigore, poi tre punti con Atalanta, Lazio e Siena”. La Sampdoria va poi a San Siro, “nella famosa partita delle manette di Mourinho, dopo venti minuti li avevo fatti buttare fuori tutti e scoppiò il finimondo: - scherza Nicola - La squadra risalì la classifica, riprese entusiasmo, ritrovando la strada giusta per chiudere a fine campionato in zona Champions”. Un traguardo storico per i blucerchiati. “Festeggiato in maniera stupenda con i nostri tifosi, migliaia di persone in centro città, noi col pullman scoperto: è stata un’emozione incredibile”.
DAL SOGNO ALL’INCUBO: FERITE, TANTI NO E QUEL DEBITO DA SALDARE
Un’emozione seguita da un vero e proprio incubo. “La qualificazione ai gironi di Champions sfumata all’ultimo minuto, l’Europa League non giocata al meglio: in campionato una retrocessione letteralmente devastante e ancora oggi del tutto inspiegabile. Non girò bene nulla quell’anno, mentalmente una volta entrati in quella situazione non fummo più capaci di invertire la rotta. Per fortuna l’anno successivo siamo riusciti a chiudere quella ferita e a saldare il debito che avevamo con la tifoseria e con la Sampdoria”. Anche se Nicola l’anno della B avrebbe potuto risparmiarselo. “Avevo avuto quattro o cinque richieste per restare in A, ma per me era anche una questione di orgoglio: la Sampdoria come avevo sempre detto per me era un punto di arrivo, mi trovavo benissimo, tutti mi volevano bene. Non ho mai pensato di andarmene. La società allestì una squadra competitiva per ritornare subito su, ma mentalmente c’erano ancora delle scorie della stagione precedente e il campionato di B poi sotto un certo punto di vista è sempre stato maledetto: è un altro modo di giocare rispetto alla A, anche se hai qualità fai fatica. E un allenatore come Atzori, - con tutto il rispetto per lui - senza l’esperienza necessaria per gestire una piazza che voleva subito tornare su e che in quel momento dal punto di vista emotivo era davvero una polveriera, ha fatto fatica: solo un maestro come Beppe (Iachini, ndr) che poi è subentrato, poteva gestire una situazione non facile come quella”. A dargli una mano, “i venti gol realizzati in trenta partite giocate: sedici li ho fatti in campionato e quattro su quattro gare nei play off, per me fu un anno da incorniciare. Mentalmente stressante, ma il finale fu una liberazione: sentivo dentro questo debito e questa ferita che andava chiusa, con un po’ di fortuna perché ci vuole anche quella ci siamo riusciti”.
CESENA, SAMP E SIENA: POZZI E IACHINI, STORIA DI UN RAPPORTO SPECIALE
“Per la prima volta Iachini l’ho avuto a 16 anni: - in totale le volte saranno tre - eravamo a Cesena, mi portò in Prima Squadra dagli Allievi facendomi esordire in Serie C. Da lì mi comprò poi il Milan ed arrivai nel calcio che conta. A scoprirmi è stato lui, è stato bello ritrovarlo alla Sampdoria dove in un momento difficile ha portato, oltre al carisma che tutti conoscono, anche una grande organizzazione di gioco e una solidità che fino a quel momento non avevamo: non è soltanto un motivatore, ma anche un grande preparatore di partite. A lui devo tantissimo, ci sentiamo ancora oggi e tra di noi è rimasto un legame fatto di stima reciproca che durerà all’infinito”. Un rapporto speciale, che ha portato Nicola “quando alla Sampdoria dopo il ritorno in A la dirigenza di allora decise di non puntare più su di me, a dire di no ad un Torino nella parte sinistra della classifica per andare invece in un Siena ultimo e ad otto punti dalla salvezza. Fu una scelta di cuore e di riconoscenza, la rifarei, mi dispiace solo che un infortunio non mi ha dato la possibilità di dare il contributo che volevo”. Quello che invece fornì a suon di gol nella lunga cavalcata verso il ritorno in Serie A della Sampdoria, trasformandolo in un vero e proprio idolo dei tifosi blucerchiati. “Dai quali sono apprezzato ancora oggi per quello che ho dato in campo: vedere riconosciuti l’impegno e la passione per questo sport è la cosa più bella, dopo quell’anno tra di noi è rimasto un amore infinito“.
SAN DONATO TAVARNELLE E LA SERIE D
Amore con quelli che saranno per sempre un po’ anche i ‘suoi’ tifosi, lo stesso amore per quel gioco chiamato calcio che continua a farlo correre ogni domenica dietro ad un pallone. Non più in Serie A, ma... in Serie D: “l’anno scorso ho avuto tre richieste, due in C al Sud ed una all’estero, poi alla fine parlando con mia moglie Sara ho scelto di non allontanarmi da casa e dalle mie bambine Tea e Tiarè”. Pozzi resta a Firenze e firma per il San Donato Tavarnelle. “Del Presidente Bacci, persona straordinaria con la quale mi sono trovato subito. Dopo una chiacchierata veloce gli ho detto: “Decidete voi, mettete voi la cifra” ed ho firmato in bianco, senza problemi, ho capito subito di essere capitato in una società seria. Dopo dieci anni di A, però, adattarsi alla Serie D non è stato semplice. “I tempi di gioco sono un’altra cosa, le dinamiche completamente diverse dal calcio professionistico, ma l’impegno non è da meno rispetto ai grandi”. E Nicola nello spogliatoio del San Donato Tavarnelle è già un punto di riferimento. Racconta le sue esperienze, le sue battaglie: “Ma adesso sono uno di loro”, nonostante la Coppa Uefa, la Champions e gli anni trascorsi ad allenarsi con Cassano e Pazzini. “Ora accanto a me ci sono ragazzi che fanno sacrifici incredibili: al pomeriggio si allenano, la sera c’è chi fa il cameriere o il tassista. La passione sta alla base di questa categoria”. La ricetta per ripartire? Ce la svela Nicola. “Passione, pazienza e umiltà: quella necessaria per calarsi in una realtà del genere, ma io sono contento di questa scelta perché ho trovato un presidente straordinario e dei grandi compagni. Uno su tutti il nostro capitano, Francesco Frosali, idolo vero. E’ il capitano più bello che ho avuto, è il mio capitano: oltre che un fortissimo giocatore è una grandissima persona e fuori dal campo un pazzo totale, che si sposa alla perfezione con il mio carattere. Ci siamo trovati subito. La mattina lavora come operaio nella ditta del presidente, il pomeriggio ci si allena: il post allenamento assieme è il momento più bello della giornata”. Passato a chiacchierare, ricordando i tempi passati e guardando al futuro. Con un occhio alla tv, in campo Empoli e Sampdoria. Tra gioie, dolori, prime volte e grandi imprese: la partita speciale di Nicola Pozzi.