Nessuno fumogèna, e meno male, dopo quanto accaduto l’ultima volta allo stadio “Renzo Barbera”. Nessuno allo stadio, proprio come cantava Elio una ventina d’anni fa, ma per il Palermo è la prima volta nella sua storia. Certo, di partite con scarso pubblico se ne sono registrate a mai finire, soprattutto negli anni a cavallo tra la Serie B e la Serie C (persino un Palermo-Chievo, nel 1997, con soli quarantanove spettatori paganti). Che le porte dell’ex Favorita siano chiuse per ordine del giudice sportivo, però, è un caso più unico che raro. Uno smacco per una tifoseria che è stata capace di far chiudere sì le porte, ma quelle dei botteghini, per un’intera stagione, dodici anni orsono. Una pena che invece il Palermo ha ritenuto giusta, tant’è che non è stato presentato ricorso. E con l’Atalanta, una partita da vita o morte, i rosa hanno trovato uno scenario irreale, fatto di vuoti e silenzi.
L’abbraccio sotto la sud, vuota, per il gol di Vazquez. Le proteste della panchina per il fallo di Struna e il rigore concesso all’Atalanta, seguito da un’esultanza ben più moderata, quella della panchina nerazzurra. Poi un altro boato, quello per il pareggio del Chievo, annunciato dai tabelloni elettronici. Nel mezzo, un silenzio assordante. Si sente quasi solo Ballardini, mentre Reja conferma la proverbiale flemma, grazie anche ai pochi pericoli concessi dai nerazzurri. È quasi un’occasione per “spiare” le mosse dell’allenatore del Palermo: Chochev chiamato a stringersi in fase di non possesso, Hiljemark in aiuto nella marcatura su Papu Gomez, un vero e proprio incubo per Struna. Sembra quasi di assistere ad un allenamento a porte aperte, se solo non ci fossero in palio tre punti di importanza capitale per il suo Palermo.
Tre punti che assumerebbero un’importanza ancora maggiore quando, dopo otto minuti nella ripresa, arriva il secondo boato della serata. Il Chievo segna il gol del vantaggio, nel “Barbera” deserto quasi non conta più la partita e si vede in occasione di un calcio da fermo. Stavolta l’esultanza è tutta per la panchina dell’Atalanta, che si riversa sul terreno di gioco dopo il gol del vantaggio di Paletta, lasciato incredibilmente libero di colpire di testa a centro area. Ballardini, che intanto ha già inserito Gilardino, chiama subito Quaison, dandogli le ultime indicazioni: “Attacca la profondità”, in questo caso i gesti aiutano più delle parole, e lo svedese esegue. Ma tra mormorii per rigori richiesti e disappunto per occasioni fallite, ecco che il silenzio si spezza nuovamente per festeggiare il gol di Struna. L’eco dura pochissimo, dispersa oltre Monte Pellegrino, così come l’urlo di disperazione per il gol sbagliato da Jajalo.
Alla fine si disperde nel vuoto anche il triplice fischio dell’arbitro Doveri, autoritario nell’assegnare subito due rigori, ma soprattutto nel non darne altri, effettivamente inesistenti. Anche per lui è stata una serata tranquilla: nessun fischio dagli spalti, nessuna protesta veemente e nessuna contestazione. Forse, memori di quanto visto due domeniche fa, è stato meglio così. Al Palermo, però, è ancora impossibile parlare di tranquillità: la classifica vede i rosa ancora al penultimo posto e il Carpi, domani, potrebbe distruggere ogni speranza di rimonta. E in quel caso, il ritorno al “Barbera”, non sarà certo con lo stesso clima di questa sera.
Benedetto Giardina