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Data: 30/03/2018 -

Nel cuore di Guido Gomez, il Papu di Renate: il papà Nestor campione di biliardo, l'amico Berardi e la serenità trovata in Brianza: "Questa è una realtà bellissima"

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data-redactor-inserted-image="true">Di giocatori così se ne incontrano pochi, umili, con voglia di fare e con tanti valori. Guido Gomez, attaccante italo-argentino del Renate squadra che milita nel girone B di Serie C attualmente decima dopo due mesi difficili, ma che fino al 29 dicembre era seconda davanti a squadre più blasonate e dietro al solo Padova. Una carriera di alti e bassi ma vissuta sempre al massimo, pronto ad attaccare e a difendere perché un attaccante non è solo gol. Ha solo 23 anni, ma ai microfoni di gianlucadimarzio.com parla da adulto forse merito del papà Nestor Osvaldo Gomez, campione di biliardo, un idolo in Argentina e un genitore esemplare che gli ha insegnato i valori dello sport e della famiglia e scomparso poco più di un mese fa. Il 'Papu' come lo chiamano da queste parti ne parla ammirato e con gli occhi lucidi, ma è grazie a lui se oggi è quello che è: un piccolo-grande uomo che conosce i suoi limiti, ma che non si arrende mai puntando sempre al massimo, nel solo modo che il papà gli ha insegnato: allenandosi.

Una carriera iniziata col Sassuolo dove tra Allievi e Primavera ha fatto innamorare tutti: 52 partite e 27 gol. Tanto bello e tanto puro il suo talento come il suo modo di interpretare il ruolo che anche i Ct dell'Under 19 e Under 20, Di Biagio ed Evani, lo vogliono con loro in nazionale: "Non mi è mai passato per la testa di pensare ' se mi chiama l’Argentina…' No, io volevo l’Italia. È stata un’emozione e un’occasione incredibile vestire la maglia azzurra. Peccato solo che non essendo più nel Sassuolo iniziavo a giocare poco e in nazionale giocavo sempre e per me era difficile fare bene senza un gran ritmo partita nelle gambe, ma ero anche giovane, ci sta". Già perché purtroppo il Sassuolo nonostante i tanti gol non punta su di lui e inizia a peregrinare in Serie C e la fortuna purtroppo non è dalla sua: "Sono andato prima alla Pro Vercelli dove ho giocato poco, al Cuneo mi sono fatto male e poi due anni alla Juve Stabia dove ho giocato sempre poco quindi passare dall'essere sempre titolare e poi fare due/tre anni dove non giochi non ti fa rendere benissimo. Sono entrato in un loop negativo. Poi sono andato ad Agrigento dove ho fatto sei mesi positivi, segnando e facendo bene. Poi a gennaio della stagione scorsa sono andato a Catanzaro dove è andata un po’ peggio: giocavo poco e non rendevo come avrei potuto". Peccato.


Ma lui è un combattente e nel suo vocabolario non esiste il verbo "arrendersi". Vuole ripartire e sentirsi importante, Renate è stata l'occasione giusta: "Cercavo una squadra che puntasse su di me veramente. In tanti, in estate, mi hanno detto di andare al Pisa o al Livorno, ma io volevo sentirmi importante e soprattutto volevo giocare. Mi ero stufato di andare sempre in squadre importanti – cosa assolutamente bellissima – ma dove non ero centrale nel progetto. Renate è una realtà bellissima. E sono sincero non me lo aspettavo: il presidente è una persona seria. Poi nella dirigenza ci sono Crippa e Magoni. Gente che ha giocato a calcio e che quando parla stai ad ascoltare perché non è che non si sa chi parli. Hanno una carriera molto importante alle spalle e questo aiuta molto noi giovani ad emergere e crescere. Sono molto contento di aver scelto di venire qui. Mi dispiace che siamo partiti fortissimo e poi abbiamo avuto questo calo dopo dicembre però abbiamo carattere e lo abbiamo dimostrato a Gubbio: sotto 2-0 nei primi 15’ e poi nei minuti finali l’abbiamo recuperata pareggiando". Già, il periodo buio: inaspettato e impronosticabile dopo sei mesi vissuti da protagonisti nel girone B di Serie C. Tanta rabbia e delusione perché non arrivavano i risultati, ma non avere una tifoseria 'calda' come in altre piazze forse un po' aiutato a vivere con tranquillità il momento negativo: "Secondo me è l’unica pecca qui a Renate perché non abbiamo grande seguito di gente. Ci sono poche persone allo stadio, bravissime, ma sono poche. Però d’altra parte bisogna ammettere che in un periodo negativo non avere la pressione da fuori ci ha dato più tranquillità di risolvere i nostri problemi. Secondo me la società è stata brava a tenere il mister Cevoli e non mandarlo via, è stato un segnale importante. Scintilla? Non c’è stata nessuna scintilla che ci ha fatti ripartire perché alla fine la qualità di questa squadra non è cambiata in due mesi non positivi. Noi siamo quelli di prima, la cosa importante è stata che non ci siamo disuniti. Siamo rimasti sempre sul pezzo. Abbiamo lavorato tanto e alla fine i risultati sono arrivati". Parole da leader o forse meglio dire da talismano: quando segna lui, infatti, il Renate non perde mai. E ora che ha ritrovato anche il gol contro il Vicenza (undicesimo in ventinove partite in stagione) la strada verso i playoff sembra in discesa: "Ci crediamo è l’obiettivo numero uno. Abbiamo dimostrato di essere una squadra importante quindi penso che sia giusto e doveroso puntare a quello. Van Nisterlooy diceva che i gol, per un attaccante, una volta che si sblocca arrivano come il ketchup? Ci spero". Umiltà e tanta voglia di fare bene qui a Renate per poi chissà meritarsi un'occasione in qualche piazza importante dove essere fondamentali e non comprimari.


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Tags: Lega Pro



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