Ora il grande ex è Gonzalo Higuain, ma per molti anni quel ruolo è spettato a Fabio Cannavaro. Sette anni nel Napoli, tre nella Juventus ne hanno fatto uno dei simboli di questa sfida che si ripeterà a distanza di due giorni: “E’ pericoloso andare al San Paolo e difendersi a oltranza. Il Napoli attacca la profondità, ti buca tra le linee e può mettere in difficoltà chiunque. La Juve dovrà cercare di giocare meglio, perché non sempre ci riesce. Alla lunga questo, può rivelarsi un problema. L’organizzazione difensiva è importante, ma se poi devi vincere? Dico questo anche in ottica Champions”.
Sono passati quasi 17 anni dalla sua prima partita da ex contro il Napoli: “Era il dicembre del 1995, giocavo con il Parma e finì 1-1. Ricordo uno striscione: ’90 minuti da nemico con il Napoli nel cuore’. La società rischiava il fallimento e furono costretti a vendermi”. Di certo non si può dire lo stesso di Higuain: “Ai tifosi non è mai andato giù che il Pipita sia andato via di notte, senza salutare compagni e allenatore. Se n’è andato di punto in bianco e questo è stato un trauma”.
E se fosse stato un compagno di Cannavaro? “No non me la sarei presa. Sono trattative che nascono veloci e uno a volte non ci pensa . Poi ognuno è libero di fare ciò che vuole. Alla fine se la Juve l’ha comprato è qualcuno la clausola l’ha messa e s’è fatto tanti soldi”. Mettendosi nei panni del tifoso invece: “Certo, l’avrei fischiato, ma il fischio è uno sfottò. Se l’hanno bersagliato è perché aveva lasciato tanto amore. L’indifferenza gli avrebbe fatto molto più male”. E se arrivasse un suo gol a Napoli: “I tifosi lo vedrebbero come un tradimento. Il problema è che un gol del Pipita ci può stare, ne fa così tanti. Però giocare al San Paolo non gli è indifferente” - dichiara Cannavaro in un'intervista a La Stampa.
Secondo Sarri oltre alle qualità tecniche, la Juve ha anche un peso politico diverso, pensiero in parte condiviso da Cannavaro: “Io penso che alla fine in campo ci vanno sempre i calciatori, la forza della società sta nel programmare prima rispetto ad altri. Poi quelli che arrivano prendono subito la mentalità di chi deve vincere, perché nella Juve è l’unica cosa che conta”. Il Napoli deve migliorare tanto per essere al livello della Juve: “Il salto di qualità, cioè i punti persi in casa con le medie piccole fann ola differenza. Negli scontri diretti le motivazioni le trovi in automatico. È una cosa che riguarda il Napoli e le squadre che da anni sono lì e non riescono a vincere”.
Un giudizio sui due allenatori: “Di Sarri mi piace il modo in cui ha cambiato il Napoli, con il suo gioco verticale: una squadra che va avanti-dietro-avanti. Soprattutto sul centrosinistra, dove sono praticamente perfetti. Mentre di Allegri apprezzo la gestione dei giocatori”. Chi deciderà la sfida? “Premesso che Mertens da punta è straordinario, sempre sul filo del fuorigioco e con l’attacco della profondità, penso a Insigne: quest’anno ha fatto davvero cose importanti. Nella Juve invece più che a un giocatore, penso a una decisione: se i bianconeri vogliono andare in finale di Coppa Italia, Allegri deve far giocare la miglior formazione, altrimenti rischia”.
Sulla avventura cinese: “Siamo partiti abbastanza bene, ma è peggio che in Italia: ci sono tanti presidenti che ragionano da tifosi. E poi c’è la cultura imprenditoriale: se non porti i risultati, vai a casa”. Infine una domanda su Witsel ‘soffiato’ alla Juventus: “Non ho rubato nulla a nessuno: gli chiesi se era libero e lui mi disse che non aveva ancora firmato con nessuno”.