Dimmi che squadra devo allenare, e ti dirò chi sono. Moreno Longo vive il Torino con tutto se stesso. Perché Torino è la sua città, il suo mondo. È stato chiamato per affrontare una sfida difficilissima: far ritrovare alla sua squadra un sorriso che manca da tanto, troppo tempo. E ci sta provando, con tutte le sue forze.
Prima di tutto: i tifosi
Vuole far capire chi è, Moreno Longo. Un professionista, senza dubbio. Ma anche un tifoso. Lo sa: il primo modo per fare sì che a Torino le cose funzionino davvero è quello di legare con l’ambiente. Cairo ha scelto lui come immagine simbolo di una rinascita tutta da costruire. E nonostante il periodo difficilissimo (le sconfitte consecutive sono diventate sei; sette se si considera la Coppa Italia) le porte del Filadelfia tornano a essere aperte. “Cerchiamo di fare il massimo” ha detto ancora nei giorni scorsi ai tifosi, di cui apprezzano schiettezza e voglia di dialogare.
E di chiamare nel suo staff un altro simbolo come Antonino Asta. È stato, Asta, il suo predecessore sulla panchina della Primavera. Ora è un collaboratore tecnico che prova a lavorare a tutto campo. Due giorni fa, al Filadelfia, ha trattenuto tre difensori: “Dovete lavorare con me e tanto”, ha detto loro. Detto, fatto: Lyanco, Bremer e Djidji si sono esercitati fuori tempo massimo sui rilanci. Lunghi, corti, alti e bassi. Perché la manovra richiede qualità e concentrazione. Quella che il Torino deve ritrovare.
Si lavora dal mattino
Lo hanno visto tutti i tifosi: Longo, appunto, non si nasconde. E intanto però chiede alla squadra dei cambiamenti. Il primo? L’orario di lavoro. Soltanto di recente, infatti, gli allenamenti sono stati proposti al pomeriggio. Ma per un motivo: permettere a più tifosi possibile l’accesso al Filadelfia. Altrimenti, si lavora al mattino: un modo per tenere sul pezzo la squadra, per ritrovare un’unione d’intenti che si è un po’ affievolita in queste ultime settimane.
Bastone in campo (i giocatori corrono, devono correre davvero tanto), ma anche carota. “Se c’è una cosa di cui non posso lamentarmi è la disponibilità”. L’ha detto tante volte l’allenatore, che spinge affinché la squadra viva insieme ogni giornata, il più possibile. E poi la tattica: il Torino deve ritrovare la via del gol. Quella che più manca. Così come la figura di Simone Verdi, con cui dialoga quasi tutti i giorni, per aiutarlo a sbloccarsi e a diventare il valore aggiunto come si era prefissato Cairo in estate.
Perché Longo, “ragazzo del Fila”, di momenti difficili ne ha vissuti tanti come calciatore. E anche come allenatore. Non è esperto, forse, ma ha l’esperienza giusta per potersi muover in un ambiente difficile come Torino. Così la pensa la società (con il ds Bava il rapporto è strettissimo), così anche i tifosi. “Moreno, non mollare” gli dicono nel piazzale del Filadelfia. “Faremo il possibile”, risponde. Sorriso, sguardo dritto. Lui ha già in mente il suo obiettivo. E va ben oltre i quattro, difficilissimi mesi che lo aspettano.