Dall'Eccellenza sarda alla Major League Soccer, Matteo Mancosu, dal Canada, sta vivendo il suo "sogno americano". Impianti di gioco stupendi, quasi sempre sold-out, strutture da allenamento dotate di qualsiasi comfort, sfide con grandi campioni come Pirlo, Drogba, Lampard, Gerrard, Villa, Kakà e una città stupenda come Montréal in cui vivere: cosa chiedere di più? In realtà qualcosa c'è, i gol, ma quelli non sono mai stati un problema. Matteo ha alle spalle una carriera fatta di reti, a partire dai primi calci al pallone, nella Johannes, società in cui ha giocato anche Andrea Cossu. Sono 148 i gol in totale, anzi, 149, perché Matteo ha segnato la prima rete anche con la maglia del Montréal Impact. E' successo il 24 luglio scorso, in occasione della gara contro i Philadelphia Union. Mancosu è entrato al posto della superstar Didier Drogba e ha fatto capire a tutti che anche lui sa come buttarla dentro. Ma l'umiltà non lo ha abbandonato:
"Didier è un grande campione e in allenamento come in partita non molla un centimetro" - dichiara Mancosu ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com - "nell'ultimo match ha segnato tre gol, alla sua maniera. Nell'All-Star Game, contro l'Arsenal, ha fatto una grande partita ed è stato l'autore del gol che ha pareggiato temporaneamente la gara. In quella partita, tra l'altro, a rappresentarci c'erano pure Laurent Ciman e Ignacio Piatti (ex Lecce). Non sono frasi di circostanza, Drogba è veramente forte e cerca di aiutare tutti, trova per ognuno di noi le parole e i consigli giusti dall'alto della sua esperienza. E' un vincente, perché in Premier ha sollevato qualsiasi tipo di trofeo e vuole vincere anche qua". Matteo, gentilissimo, ha trovato un ritaglio di tempo per rispondere alle nostre domande. Sono giorni frenetici: "Sì, sto cercando casa, mi sto organizzando. Appena arrivi la MLS ti mette a disposizione una stanza di albergo per due settimane per conoscere meglio il posto, girare e capire dove poi ti piacerebbe andare a vivere. Mi hanno detto che la città è molto bella, ma ancora non ho avuto il tempo di girarla. In conclusione sono molto felice della mia scelta".
Già, il famoso "sogno americano" che si realizza, anche se dal Canada. Come è nata l'idea del trasferimento? "La MLS è un campionato che mi affascinava da tempo. Il livello del torneo sta crescendo negli ultimi anni, tanti campioni stanno scegliendo di venire qui. Appena ho saputo di questa opportunità l'ho valutata con attenzione. E' stata facilitata dal fatto che Saputo oltre che presidente del Bologna (squadra proprietaria del cartellino, n.d.r.) è anche il presidente del Montreal Impact. Non è stato difficile trovare un accordo e venire a giocare qui in Canada. Ho un contratto di un anno con opzione per il secondo". Ci hai messo appena due gare, 36 minuti per andare a segno: come sono le difese americane? "Sicuramente in quanto a tattica non siamo ancora ai livelli dell'Italia. La fase difensiva è un po' più leggera, meno curata, ci sono molti spazi in più rispetto alle difese dei campionati italiani. Qui si bada di più alla fase offensiva, quella che assicura gol e spettacolo. Però non è così semplice come si può pensare, il livello non è assolutamente basso. La tattica approssimativa viene compensata con la grande forza fisica degli atleti e ci sono diversi campioni che alzano la competitività: in MLS non è facile vincere".
Descrivi il mondo della Major League: "Il primo impatto è stato stupendo. Qui ci sono strutture incredibili, anche migliori di molte delle nostre società. Il Montréal ha un centro sportivo di proprietà, molto all'avanguardia. C'è la sala pranzo dove si può stare tutti assieme, sale video, piscine, centro massaggi, spogliatoi forniti di tutto. Il livello organizzativo è alto e questa scelta viene premiata dal pubblico: il campionato è molto seguito. Quasi tutti gli stadi sono "sold out", come in Premier e in Bundesliga e hanno una gestione dell'evento tutta loro: le partite sono uno "show", uno spettacolo da gustare al di là della gara in sé. Ci sono tanti altri aspetti che si differenziano dal nostro modo di concepire il calcio. I giornalisti a fine partita entrano negli spogliatoi a fare le interviste, non esiste il ritiro pre-gara, nei match casalinghi ci si ritrova un'ora e mezzo prima della partita".
In squadra si parla anche italiano, vero? "Marco Donadel mi ha accolto benissimo. Quando ha saputo che l'avrei raggiunto a Montréal, mi ha scritto subito, dicendomi di stare tranquillo che qui mi sarei trovato bene ed è stato così. Nel club, dai dirigenti ai magazzinieri, ci sono tanti ragazzi che parlano italiano, quindi l'ambientamento è stato facilitato da subito. Ora tocca a me imparare rapidamente l'inglese per avere la possibilità di dialogare meglio con loro". Obiettivi di squadra e personali? "L'obiettivo di squadra è quello di centrare i play-off. Sia in Eastern che in Western Conference hanno accesso alla post-season 6 squadre su 10. Attualmente siamo quarti a setti punti dalla prima (New York City) e faremo il possibile per raggiungere un posizionamento migliore. L'obiettivo personale? (ride) Beh, fare gol. Io sono un attaccante ed è da un anno e mezzo che non segno con la regolarità con la quale segnavo a Trapani. Voglio buttarla dentro e festeggiare con continuità".
Matteo, in realtà so che ce n'è un altro... Ma forse quello oltre che un obiettivo è un sogno: "Verissimo. Quello di giocare nel Cagliari. Per me rimane tuttora un sogno da realizzare, il più grande e spero di riuscirci prima di finire la carriera".