Dritto per dritto, d’istinto, di rabbia. Destro ravvicinato (metaforico e non) ad una condizione cui non è mai stato troppo abituato, nel digiuno da gol più lungo da quando gioca in Serie A: SPAL(lata) ad una crisi realizzativa personale e di squadra, perdurante davvero da troppo tempo, stoppata finalmente a modo suo.
Gonzalo Higuaín non può che essere il volto di una serata finalmente positiva, per il Milan: divenuta tale grazie al secondo gol in rossonero di Castillejo, tra i migliori, e alla parata decisiva nel recupero di Donnarumma. Ma anche, se non soprattutto, a quel gol che gli mancava, da due mesi, per ritrovare se stesso.
E dire che, per almeno 64’, la serata del “Pipita” sembrava correre lungo quella linea di pessimismo che ne ha caratterizzato gli ultimi 60 giorni. Mai pericoloso, fuori dalla zona in cui poter far male agli avversari, oggetto dei primi fischi di S.Siro dopo un controllo a seguire sbagliato: contrastati subito dalla restante parte del pubblico, invitata anche da Abate alla calma; eliminati da un colpo da 3 punti, sfogo del protagonista incluso, per sentire nuovamente il nome più atteso scandito ad alto volume.
Vivere per il gol e dimostrarlo nella più classica delle sue maniere: pugni agitati, urlo a ad abbattere ogni barriera emotiva, lacrime e corsa verso la panchina dove trovare tutti, nessuno escluso, pronti ad abbracciarlo. Sensazione che gli mancava dallo scorso 28 ottobre e da 866’, nella stessa porta, togliendosi un peso a livello realizzativo (nonché mimato a più riprese) e abbracciando Gattuso. L’uomo cui Higuaín, senza troppi giri di parole, ha affibbiato l’intero merito del superamento di un periodo a dir poco complesso, a dispetto di ogni voce su una scarsa voglia di credere al progetto rossonero.
Chiudere il 2018 con un gol: prima di oggi, Gonzalo non avrebbe chiesto di più. E tra una sofferenza e l’altra, passando in mezzo a quella maledetta notte contro la Juventus, Higuaín è tornato sulla vecchia strada, mettendo al momento da parte ogni voce di mercato: trasformando i primi, inusuali fischi subiti dai propri tifosi in applausi, nella standing ovation ricevuta in occasione del cambio finale. Abbraccio collettivo, più che plauso alla prestazione, per la felicità di aver mentalmente ritrovato il proprio bomber: quello tornato a colpire, dritto per dritto, d’istinto e di rabbia, e a far male agli avversari.