Le statistiche non mentono mai. E come tali, inconfutabili, rivelano scenari lontani, quasi finiti nel dimenticatoio dopo anni complessi e fuori dalla competizione in cui, storicamente, “sentirsi a casa”. Pensiero stupendo.
Aria di ritorno al futuro, chiamata Champions League: per il Milan, soprattutto dopo il sofferto e complesso successo contro il Sassuolo, non può che essere così. Non bello e anche fortunato, in quella ruota che spesso ha girato nel verso opposto rispetto alla buona sorte, ma inaspettatamente al terzo posto in classifica: qualcosa che non accadeva (nel girone di ritorno) addirittura dall’ultima giornata della stagione 2012/13, chiusa con la volata-Champions vinta ai danni della Fiorentina. Qualcosa che riporta l’ambiente rossonero, tra entusiasmo e dati in costante miglioramento, a sognare quell’Europa dei grandi lontana quasi 7 anni.
48 punti dopo 26 giornate, in un ruolino di marcia numericamente vicino a quello di un’annata 2011/12 vissuta da Campione d’Italia: imbattibilità in campionato mantenuta da 9 gare, a partire dalla trasferta di Frosinone, cavalcando un’onda capace di mangiare una spiaggia di vantaggio nerazzurra arrivata anche a 8 lunghezze alla 18º giornata. Il tutto plasmandosi sempre più a immagine e somiglianza di chi, dal campo alla panchina, sta risultando condottiero capace di andare, momentaneamente, ben oltre le aspettative. Proseguendo in quella crescita mentale che, classifica alla mano, risulta il vero salto di qualità in più dalle parti di Milanello.
A leggere la formazione, anche comprensibilmente, non cambia mai: 22 giocatori utilizzati in tutta la stagione di A, meno di qualsiasi altra squadra, e continuità come parola chiave del proprio dizionario calcistico. Rino Gattuso non può che essere il simbolo di questo Milan, capace di tenere vivo l’obiettivo Champions oltre ogni limite di alternative e situazioni tutt’altro che ideali: un centrocampo fotocopia in ogni gara, tornato finalmente a contare su Lucas Biglia come unica, concreta alternativa dalla panchina; un esterno offensivo adattato, come Çalhanoglu, coccolato al di là di ogni problema extra campo, finito per influire anche sul rendimento personale; una pedina fondamentale come Suso, nel cuore della stagione, limitato da una pubalgia che lo rende ombra di se stesso.
Fronteggiare al meglio situazioni complesse: una difesa decimata e precedentemente costretta a ricorrere allo schieramento di Abate da centrale; la spinosa questione Higuaín, da punto di forza a problema, gestita magistralmente. Dopo la resistenza, per Gattuso è arrivato il momento di svoltare e sorridere: vedendo il proprio gruppo compattarsi oltre ogni egoismo, inserendo due nuovi, fondamentali arrivi in più, e facendo della difesa il punto forte della sua squadra. Dimenticando la falsa partenza, con il primo clean sheet mantenuto dopo 11 giornate, e rivedendo Donnarumma finalmente tranquillo e decisivo: un San Siro inviolato da oltre due mesi, gara contro il Sassuolo compresa, passa anche dalle sue mani.
Ed è da oggi, superando ogni momento di scarsa brillantezza, che il Milan riparte ancora verso la sua missione. Guardando le dirette concorrenti ora dall’alto, soffrendo e anche non piacendo, e tentando di portare a compimento l’ultimo sprint verso il traguardo. Con il marchio del suo allenatore addosso, leader di un gruppo compatto, migliorando ancor di più quei dati statistici che, da sempre, non mentono mai. E che al momento, con altre 12 finali davanti da giocare e mantenendo saldamente i piedi per terra, vedono il Milan cullare ancora quel pensiero stupendo di un ritorno al futuro. Chiamato Champions League.