“Secondo noi è diventato portiere perché non aveva voglia di correre”. E un sorriso sul viso di papà Ezio. Quando pronunciava queste parole forse nemmeno immaginava che a distanza di un anno suo figlio, Alessandro, sarebbe diventato uno dei giocatori copertina del Mondiale Under20, tra gli azzurrini del ct Evani. Proprio lui, classe 2000 e giovane promessa tra i pali delle giovanili del Milan. Tutto merito di quei due rigori parati nella finalina per il terzo e quarto posto contro l’Uruguay che ha consegnato l’Italia di Evani alla storia, perché nel torneo mai aveva conquistato un risultato simile.
Turnover, una scelta del ct, e in porta ecco andare Alessandro Plizzari, unico classe 2000 di questo Mondiale, fino ad oggi il secondo di Zaccagno (fondamentale con diverse parate nel torneo ma che molto probabilmente impiegherà un po’ di tempo a dimenticare quel gol di Solanke in semifinale). Il motivo? Dare spazio a chi aveva giocato meno, proprio come Plizzari che per esserci aveva rinunciato all’Under17. Questione di prestigio della competizione, palcoscenico in cui alla fine ha brillato. Amaral e Boselli ricorderanno quel suo guantone che ha spedito il loro Uruguay fuori dal podio.
E prima di questo Mondiale Under20? ‘Plizz’, da quando aveva 5 anni e mezzo è un giocatore rossonero. Solo Milan, da subito. Prestissimo. Nato tutto con un provino, e fin qui niente di nuovo. Crema-Milano, un viaggio con papà Ezio dal quale il piccolo Ale è tornato giocatore del Milan. Due giorni più tardi, ecco l’Inter. Ma con i nerazzurri niente provino. ‘Se non vado al Milan resto qui’, la sostanza. Giovanissimo ma con le idee chiare, fin da subito. E su il sipario sulla storia con il Milan che aveva vinto quel derby per quel ragazzino di Crema che non vedeva altro che rossonero. Sì, suona familiare. Quasi come la storia dell’amico, collega e compagno di squadra Gigio.
La stima, come l’amicizia, tra i due non manca: “Gigio è troppo forte, Madre Natura l’ha baciato, ha un fisico straordinario”. Perfezionista, uno che “quando sbaglia ci resta male e sta zitto per un po’”. Lo conosce bene il padre. Silenzioso più che introverso. “Parla meno di me”, aveva scherzato Abbiati tempo fa. Poco male, se a parlare per lui in campo sono le prestazioni. Quella di oggi con i due rigori parati, quelle durante lo scorso campionato Primavera che l’hanno portato ad essere eletto miglior portiere del Girone A (e secondo dell’intera competizione, dietro Crisanto della Roma). Ha esordito in Primavera a 16 anni, nel maggio 2016 ha giocato l’Europeo Under 17 sotto età e l’estate scorsa ha fatto tutto il ritiro insieme a Montella e la prima squadra. Plizzari è stato anche il primo classe 2000 ad andare in panchina in una gara di Serie A: terza gara del campionato scorso, l’11 settembre, quando il Milan incontrava l’Udinese. Ceduto Diego Lopez all’Espanyol, ecco Plizzari dietro Gabriel e Donnarumma.
Un’etichetta di vice-Gigio con cui convivere, e viene facile ricordare quando Berlusconi iniziava a vantarsi di un altro giovane talento del vivaio pronto a prendere la scena e ad attirare su di sé gli sguardi di chi vede lontano: “Dietro Donnarumma c’è un altro portiere che mi dicono sia altrettanto bravo, di un anno più giovane”. Parola dell’ex presidente. Quindi, Plizzari is the new Donnarumma? L’inizio della storia è simile, tanto. Analogie quasi da film in una trama però ancora tutta da scrivere. Passa un anno tra i due e mentre qualcuno sui social già grida all’erede di Donnarumma, altri si spaventano solo al pensare che un 18enne possa già avere un ‘delfino’. In un calcio, come quello di adesso, affamato di gioventù e in cui un portiere può valere quanto un attaccante. In squadra e sul mercato.
